Alberto Rigoni è noto ai più per essere il bassista dei Twinspirits, che sono noti ai più per essere la band di Daniele Liverani, che è noto ai più per essere ‘quello che ha fatto Genius’. Aldilà di questo guazzabuglio, però, Alberto è un bassista sopraffino e di gusto, che volentieri si lascia andare all’ispirazione del momento, immergendosi spesso in territori non propriamente metal, ma assaporando la tante nuances che il suo strumnto gli consente di assaggiare.
Ed è così che arriva il secondo album strumentale di mr. Rigoni, intitolato “
Rebirth”. Vi basterebbe scorrere la lista dei guests che lo accompagnano, per capire che qui ci troviamo di fronte ad un prodotto di qualità: gente del calibro di Gavin Harrison, John Macaluso, Michael Manring e tutti gli altri garantiscono lo standard elevatissimo, per un album fresco ed ispirato, scritto da un bassista (e si sente) ma assolutamente bilanciato nella ricetta sonora proposta, tanto da risultare piacevolmente coinvolgente anche a chi non sia un appassionato delle quatto (o cinque, o sei) corde.
Nove brani di fusion strumentale, in cui gli accenni prog-rock, latin e hard si fondono alla perfezione, creando tessiture conturbanti ed accattivanti. Notevole la prestazione del ‘titolare’, che esibisce, oltre ad un gran bel suono, anche un gusto non indifferente, sapendo dosare con intelligenza le parti da protagonista agli spazi d’insieme, compito di certo reso ancor più facile dalla gran mole di signori musicisti al suo fianco.
Consigliato di certo agli amanti della musica strumentale e del genere, “
Rebirth” ci rivela un aspetto piacevolmente nascosto di Alberto Rigoni, un musicista di qualità, ma anche un compositore di tutto rispetto. Tanto di cappello.
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