L’ennesima novità sludge-metal-core a stelle e strisce arriva da Savannah, Georgia, regno di caldo torrido, zanzare e acquitrini. Al punto che i
Black Tusk definiscono la loro musica come “swamp metal”, cosa che porta ad immaginare un sound fetido e melmoso. Non è esattamente così.
Questa formazione segue la corrente stilistica che pare aver infervorato diverse bands emergenti: l’heavy “ibrido”. In pratica si tratta di creare una miscela monolitica e rovinosa di sludge, hardcore, stoner, doom, metal classico, ecc, variando le dosi al fine di ottenere alchimie diverse. I georgiani, ad esempio, risultano più orientati verso la frenesia metallica, tipo lo speed’n’thrash che fa rombare il motore in “Falling down”, uno dei pezzi più incisivi. Occorre precisare che il presente disco è una ristampa voluta dalla Relapse, con l’aggiunta di un paio di bonus-track, probabilmente a seguito del buon risultato dell’ultimo “Taste the sin”. Comunque anche qui tutta la foga muscolare espressa dal gruppo viene catturata in brani come “Fixed in the ice”, “End of days”, “Beneath”, vere mazzate metal-groove irrefrenabili. Però una caratteristica peculiare dei Black Tusk è l’abilità di condensare tutto in episodi da tre minuti o poco più, pur non rinunciando alla varietà dei riff ed al loro alternarsi all’interno delle canzoni.
Le parti vocali sono distribuite tra tutti i protagonisti, intrecciando scream e growl per sottolineare ulteriormente la loro attitudine al gioco pesante.
Ancora un gruppo che non aggiunge nulla di nuovo, ma con grande padronanza degli aspetti fondamentali del genere ci offre una buona prestazione. Disco solo per appassionati.
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