Non fatevi ingannare dal titolo dell'album, gli inglesi
Pantheist sono dei veterani con più di dieci anni di carriera alle spalle e giungono con questo
"Pantheist" al loro quarto disco in studio. Un disco che si caratterizza per la lunghezza media piuttosto elevata dei brani che compongono la tracklist, in media 8 minuti, e per le variazioni ritmiche ridotte al minimo indispensabile: il doom dei Pantheist infatti è trascinato e sofferente, anche se non scevro da parti un pelo più movimentate (come ad esempio nella lunga "The Storm"), su cui spicca la voce pulita ed a tratti anche epica del cantante
Kostas Panagiotou, il quale si prende anche cura delle tastiere che rendono il disco maggiormente eterogeneo ed arioso, evitando un'eccessiva stagnazione. In questo senso molto azzeccati ed efficaci i vari intermezzi acustici e persino di sassofono, a rendere maggiormente composita la proposta musicale dei Pantheist. I brani maggiormente significativi di questo disco sono senza dubbio le lunghe "The Storm" e "Be Here", ma anche "One Of These Funerals" (tutto fuorchè lenta, come il titolo potrebbe suggerire) o "Brighter Days" non sono da meno, anche se il disco pecca di una ripetitività di fondo che alla lunga può pesare sull'ascolto. Non convince appieno nemmeno la produzione, a tratti approssimativa e con dei suoni di batteria e talvolta di chitarra che non danno quella profondità che sarebbe invece richiesta.
"Pantheist" è quindi un disco di doom epico e oseremmo dire anche goticheggiante che farà proseliti tra i fan di My Dying Bride, Mourning Beloveth e primi Anathema. Certamente non un disco da ascoltare in spiaggia sotto l'ombrellone, ma un platter valido da gustare solamente in date circostanze e situazioni. Come il doom più cupo, dopotutto.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?