Se esistesse ufficialmente la categoria
"band più sottovalutate nella storia del metal", gli americani
Manilla Road avrebbero un posto di assoluto rilievo in questa sfortunata classificazione.
Rimasti sempre, e aggiungerei fieramente, nell'underground più vero, il gruppo è stato capace di partorire negli anni '80 una serie di capolavori che hanno avuto il merito di segnare indelebilmente la storia dell'Heavy Metal andando a definire le coordinate di quello che oggi definiamo
Epic Metal.
"The Deluge" è il quinto lavoro in studio del trio di Wichita ed il terzo album da quando, con la pubblicazione del seminale
"Cyistal Logic" del 1983, il gruppo aveva iniziato la sua splendida cavalcata nel mondo del metallo epico e fiero.
A mio avviso
"The Deluge" è l'apice compositivo dei
Manilla Road, il loro album più
pagano,
fiero e
battagliero e quello che meglio descrive il particolare modo che il gruppo aveva di interpretare il suono duro di quegli anni.
Ho parlato di epic metal e non vorrei che questa definizione vi facesse, erroneamente, pensare ai moderni interpreti delle saghe "spade e cavalieri".
I
Manilla Road, insieme con i primi
Manowar, i
Cirith Ungol, gli
Omen, i
Warlord, i
Virgin Steele o gli
Heavy Loads, sono intepreti di un suono duro, orgoglioso, grezzo e fiero che poco ha da spartire con le moderne interpretazioni del genere.
Nel 1986 l'arrivo di
"The Deluge" sul mercato fu uno scossone per la scena undergound dal momento che il disco era, ed è, un concentrato di potenza ed epica melodia come se ne sentivano pochi in giro grazie alla magia di una formazione in stato di grazia.
Da una parte il leader storico
Mark "The Shark" Shelton, con la sua inconfondibile voce nasale, diventa un antico menestrello abile a plasmare una rovente colata di metallo fuso lungo canali di puro spirito pagano all'interno dei quali la sua chitarra dipinge melodie arcane e violente, sia in fase ritmica che nei magnifici solos, mentre la sezione ritmica
Park/Foxe dimostra una tecnica assolutamente sopra la media lasciandosi andare a raffinatezze che si integrano, paradossalmente, in modo perfetto con la durezza della musica.
I brani si succedono fieri ed evocativi toccando vertici di pura poesia come nell'epicissimo riff di
"Isle of the Dead" o nella cavalcata di
"Divine Victim", uno dei brani più "accesibili" del disco, oppure ancora nella titletrack che è una piccola suite in tre parti nelle quali si sublima la concezione musicale del gruppo.
"The Deluge" è un album monolitico che sa unire parti rallentate ad accelerazioni brucianti sempre all'insegna di un sapore battagliero che permea tutte le composizioni rendendole irresistibili perchè forgiate con l'acciaio della migliore qualità.
Chiunque si consideri amante dell'Heavy Metal più puro, oserei dire più tradizionale, e ne ami la particolare declinazione in chiave epica, non può non conoscere questo album ed i suoi autori che meritebbero un ben altro rilievo in una scena troppo spesso impegnata ad incensare "artisti" infinitamente meno dotati.
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