Secondo lavoro per gli svedesi Amaran, autori di un heavy/thrash moderno arricchito da una "delicata voce femminile" (così dice la biografia). Il debutto "A World Depraved" aveva strappato al sottoscritto un sei di incoraggiamento, ma devo dire che l'avevo trovato di una noia mortale, tanto che da allora giace tra la polvere ed acari grossi quanto il mio monitor in un angolo della casa. C'erano però spunti interessanti di voce, che facevano risaltare la voce di Johanna De Pierre rispetto ai tanti dischi pessimi con voci femminili che girano di questi tempi (sigh, che nostalgia pensare a gruppi come Detente o Sacrilege...). In questo "Pristine in Bondage" più o meno siamo sugli stessi terreni, sia per quanto riguarda la voce (solo un po' più smorta) che per quanto riguarda le scelte stilistiche, abbondantemente devote al sound scandivano dell'ultimo decennio; è indubbiamente migliore la produzione, che trovo però ancora troppo fredda e patinata. Quelle che non convincono proprio, invece, sono certe melodie fritte e rifritte in barba al colesterolo, come nella banalotta "Katharsis" o nella orribile ed inascoltabile "Wraith"; quando poi gli Amaran spingono il piede sull'acceleratore escono riff adatti solo alla sagradella banalità (la lead della già citata "Wraith" è semplicemente terribile). Fortunatamente qualche spunto interessante c'è, per esempio in "Without Stains", ma niente che faccia gridare al miracolo: le solite atmosfere, le solite armonizzazioni, le solite linee vocali... Insomma, se il primo album degli Amaran vi era piaciuto, penso proprio non rimarrete delusi; personalmente li ho trovati ancora una volta noiosi, prolissi e privi di idee davvero interessanti, e quindi non basta proprio, questa volta, per arrivare alla sufficienza.
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