Il loro “Down to the bone” (arrivato dopo l'esordio “Four hands”) aveva infiammato i sensi di chi crede che le grandi canzoni possano ancora far germogliare con la vitalità di una giovane piantina il tronco nodoso e annoso dell’hard rock, ormai assediato da molteplici
parassiti, di tipo
musicale e
discografico, con questi ultimi da considerare come la specie più
pericolosa, pronta a
spolpare indiscriminatamente le risorse dell’
ospite stilistico di turno, non appena l’interesse del mercato sembra orientare verso di lui il suo avido sguardo.
Gli australiani
Electric Mary sono ora chiamati a confermare e reiterare quelle prepotenti sensazioni, e devo dire che “III” non delude per nulla le importanti aspettative, dimostrandosi ancora una volta una rielaborazione acuta e ispirata delle basi di un sound eretto da Led Zeppelin, AC/DC, Deep Purple, Bad Company, Aerosmith e Blackfoot, ostentando freschezza e attitudine, due caratteristiche fondamentali per rivitalizzare le melodie e gli schemi armonici tipici del genere.
Rusty “the Bear” Brown è sempre una forza della natura, fa onore al suo soprannome con una prestazione nerboruta e calorosa, i riff e i solos di chitarra s’insinuano sotto la pelle con sollecitudine e intensità, e le scansioni ritmiche completano l’opera di soggiogamento, trascinando l’ascoltatore appassionato proprio nella dimensione che predilige, quella incline al gioco di citazioni, ma senza mai rimanerne vittima, grazie ad una palpitante tipologia d’irriducibile forza espressiva.
“O.I.C”, “Stained” e le sue cadenze pulsanti, la vibrante “So cruel” sono tutti brillanti esempi di come si possono produrre pezzi adescanti e vitali edificandoli su suoni “certificati” e probabilmente ancora meglio sanno fare le trame avvincenti e grondanti di
feeling elettrico di “Long time coming”, "Nobody's perfect”, “Waiting” (una sorta di
Zeps tribute in edizione
deluxe) e “American jam”, mentre tocca a “All eyes on me” e all’
hard n’ roll “Bone on bone” offrire il lato più
anthemico e disinvolto del gruppo e a “Lies” scurire e spruzzare di psichedelia (in realtà anche altrove si possono rintracciare tenui bagliori dell’iridescente “materia” …) la proposta, per un programma capace di destreggiarsi nelle varie declinazioni del settore mantenendo costante il livello d’attenzione e di ammirazione.
Non rimane che esortare chi non li conoscesse a colmare immediatamente la lacuna e lasciare un messaggio a tutti i fans degli Electric Mary … nonostante la massiccia applicazione, in questo momento non sono in grado di asserire in modo categorico se questo nuovo lavoro sia migliore del suo favoloso predecessore, ma posso affermare con certezza che i continui ascolti atti a dirimere la (futile?) questione costituiscono una forma d’indagine davvero appassionante.
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