La manipolazione genetica, oltre ad essere un argomento sempre di grande attualità, ha spesso alimentato inquietanti trame letterarie e cinematografiche e chissà che dietro la formazione dei
’77 non ci sia proprio una torbida storia di
scientifica clonazione attuata, in qualche misterioso laboratorio spagnolo, da scaltri luminari impegnati nell’obiettivo di realizzare un’
autentica copia degli AC/DC, Bon Scott - era.
L’operazione, in realtà, non è per nulla
originale … dai tempi dei Krokus, passando per Georgia Satellites, Rhino Bucket e Dirty Looks, e approdando ai “nuovi” Airbourne, Big Ball, Bonafide e Charm City Devils, il tentativo di replicare in maniera più o meno fedele le modalità espressive dei sovrani assoluti dell’
hard n’ boogie ha impegnato, con risultati anche piuttosto gratificanti, parecchie risorse artistiche, irrimediabilmente affascinate da una ricetta tanto
essenziale quanto difficile da realizzare nel sagace dosaggio degli ingredienti.
Ebbene, i nostri iberici (con due fratelli in
line-up … nulla è lasciato al caso!), al secondo lavoro per la Listenable (una delle etichette estreme per eccellenza … come cambiano i tempi …), sono da annoverare tra i migliori cucinieri della più
classica pietanza australiana in fatto di
rock n’ roll ipervitaminico, dimostrando di “possedere” la materia e di avere la “naturalezza” e l’energia necessarie per fare in modo che l’intera faccenda non si realizzi con le sembianze di una patetica forma imitatoria, e tuttavia, nonostante ciò, proprio come accade di frequente in quelle sceneggiature evocate qualche riga fa, qualcosa nell’esperimento deve essere andato storto, dacché la “creatura” risultante è effettivamente assai
somigliante al prototipo, ma appare anche a corto di quella “freschezza” ispirativa che si richiede come requisito minimo ad una circostanza del genere, perlomeno in campo musicale.
Le canzoni, tutte abbastanza gradevoli, nella loro tipica miscela di
groove, ardore e
nobile trivialità, non sono però capaci di tenere alta la tensione, si lasciano ascoltare con piacere e apprezzare per le doti tecnico - vocazionali dei loro esecutori, eppure non riescono praticamente mai a rappresentare un
tributo efficace e in qualche modo “personale” ad un’arte tanto codificata da mettere in difficoltà addirittura i suoi creatori (pure gli AC/DC, a volte, sono
sembrati delle trascrizioni evanescenti di loro stessi!).
Ecco perché ritengo inutile tentare delle classifiche di merito o sforzarsi di offrire relazioni didascaliche del programma contenuto in “High decibels” … sarà sufficiente ipotizzare una competente, spudorata, decisa, accattivante e pure un po’
appannata riproposizione del
modus operandi degli
aussies per avere un’immagine chiara di cosa vi aspetta, incapace, almeno per quanto mi riguarda, di rivelarsi maggiormente appetibile dell’ennesimo ascolto di un “TNT”, “Dirty deeds”, “Let there be rock” o “Highway to hell”.
Il contesto
live, come accade a molti dei loro colleghi citati ad inizio disamina, sarà verosimilmente il momento più congeniale alle qualità “energico – ricreative” dei ’77, mentre agli appassionati di
hard-rock in cerca di un (nuovo) degno rappresentante iberico, ricordo la brillante prova degli Eldorado, esempio lampante di come l’amore smodato per la tradizione si possa tradurre in una compiuta, coerente, credibile e personale manifestazione musicale.