I Seventh Key sono la band del bassista / cantante dei Kansas Billy Greer e del chitarrista ex-Streets / Steelhouse Lane Mike Slamer, con l'apporto alle background vocals di Terry Brock, che qualcuno ricorderà tra le fila degli Strangeways (e autore tra l'altro di un pregevole disco solista - "Back to Eden" nel 2001), nonché collaboratore dello stesso Greer nella all-star band The Sign con Mark Mangold (American Tears / Drive She Said) e Randy Jackson (Zebra) artefici, qualche anno fa, di uno splendido lavoro - priorità assoluta per ogni hard rock de-luxe fan che si possa definire tale. Quando talenti musicali come quelli coinvolti nei Seventh Key si uniscono in un progetto comune, il risultato non può che essere un piccolo capolavoro di rock melodico e di classe. Il loro debutto auto-titolato del 2001 mi aveva letteralmente entusiasmato, ma questo follow-up mi sembra addirittura superiore, merito della qualità sempre elevatissima delle canzoni e di un amalgama e una maturità che la band forse prima non aveva raggiunto completamente. Billy Greer si conferma vocalist extraordinaire e il "colore" e l'emozione che riesce ad esprimere con la sua voce sono di assoluta eccellenza. Mike Slamer è un chitarrista (e tastierista) di grande talento e gusto, sia nella fase ritmica che in quella solista (esemplare il break centrale in "The Sun Will Rise" caratterizzata anche da un'ottima punteggiatura tastieristica). Tutto il disco è costruito sul contrasto tra le perfette armonie vocali di Greer (e Brock) e il sapiente guitar work di Slamer. "Always From The Heart" è un piccolo compendio di come si realizza un anthem di chic hard rock; è forse la canzone (con "An Ocean Away") più commerciale dell'intero lavoro, con un coro ultra-melodico che difficilmente riuscirete a sradicare dal vostro cervello. La title track è sensazionale: inizio lento con arpeggio di basso e "riff" di pianoforte ammaliante, ingresso di batteria e voce che conducono ad un refrain e coro stellari e ancora un ottimo solo ad opera di Mr. Slamer. "Sin City" è più hard rock in senso tradizionale; "It Should Have Been You" è la ballad del disco (per tutti voi inguaribili romanticoni); "Run" è un ottimo esempio di "arena-rock" anni '80 e "Winds of War" è un altro hard-rock item di grande valore, che dopo un introduzione lenta - chitarra acustica / voce, esplode in un potente intreccio che coinvolge tutta la band. "Pyramid Princess" è l'episodio più atipico nell'economia dell'intero cd, con il suo incedere quasi epico e un break orientaleggiante e "kashmiresco" se mi passate il neologismo...
La produzione, ad opera dello stesso Slamer è cristallina e perfetta per il genere proposto. Se siete amanti di questo suono, levigato ma al tempo stesso muscolare, melodico ed intenso, "The Raging Fire" non può che essere quindi un acquisto obbligato.
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