C’è un po’ di tutto nel terzo disco dei nordirlandesi
Sandstone, i quali hanno già preso un paio di sberle sulle nostre pagine. Compito dello zio Sbranf dunque risollevare il morale ai quattro britannici, che nel frattempo prendono il terzo batterista in tre album, e ci presentano questo nuovo “
Cultural Dissonance”. La dissonanza più evidente, tuttavia, va ricercata nello stile delle canzoni, che spazia davvero tanto: dal power metal moderno di songs come “
Reckless Thought”, “
Little Forgeries”, “
Fading”, “
Trick of Mind”, che li accostano seppur di striscio a gente come i (mai troppo osannati) Pagan’s Mind, i Sandstone scivolano spesso e volentieri in mid-tempos raffazzonati, momenti quasi AOR o ballads dall’appeal quasi nullo, che inevitabilmente abbassano drasticamente la fruibilità del dischetto. Momenti altalenanti non solo nei bpm, ma proprio nella fase compositiva, che spesso si rivela, anche nelle songs più d’impatto, carente e un po’ troppo alla buona. Detto in due parole, “Cultural Dissonance” non è un disco per cui impegnerei i miei 15 eurini, vista anche la mole di uscite ormai a disposizione dell’ascoltatore metal. È un ibrido non perfettamente riuscito tra il sound fin troppo melenso e stucchevole degli esordi, ed una ricerca sonora che ha spinto la band ad incattivirsi ed irrobustirsi, soprattutto nella sezione ritmica (chitarre in primis). Ma ciò che han guadagnato in potenza, i Sandstone lo pagano in efficacia, risultando fin troppo derivativi e fini a se stessi. Peccato, la band dei fratelli McLaughlin avrebbe tutte le qualità per sfondare, ma non basta avere la Ferrari per saper guidare. Meglio di ieri, ma spero peggio di domani. Da rivedere.
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