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Chryst sono la nuova incarnazione del progetto austriaco Korova, poi Korovakill, che vanta un trio di lavori assai bizzarri e sperimentali pubblicati negli anni ’90. Le cose non sono affatto cambiate, anche questo album è completamente fuori dagli schemi ed estremamente difficile da collocare.
Diciamo intanto che il disco consiste in un solo estenuante brano, spezzettato in una quindicina di sezioni da pochi minuti l’una. Non esiste una precisa direzione musicale, l’idea di base è quella di formare un puzzle di spunti eterogenei senza troppo preoccuparsi della loro possibilità di coesistere. Ci sono infatti ritmiche black metal, atmosfere doomeggianti, vocals operistiche, stravolgenze elettroniche, new wave, avantgarde, ossessività, ma anche musichette da Luna Park, dissonanze, finti inceppamenti del cd e quant’altro.
Logico, nonché inevitabile, che dentro tale coacervo di stimolazioni e provocazioni, ci si imbatta in qualche passaggio interessante. Ma l’effetto complessivo è tutt’altro che piacevole. Le contaminazioni, l’originalità, l’eccesso, possono andare benissimo al confronto con la banalità musicale, a patto di non esagerare. Senza uno scopo finale è come gettare nella pentola tutto ciò che si recupera in casa: dal pane secco alla carne andata a male, dai rimasugli di marmellata ad un pezzo di sapone ammuffito, più altri ingredienti a casaccio. E dopo aver distrattamente mescolato, sperare che ne venga fuori un piatto commestibile. Chissà, può perfino accadere, ma è rarissimo.
Probabilmente i Chryst saprebbero spiegare ciò che volevano ottenere e se ci sono riusciti. Purtroppo per me è molto più difficile. Altrettanto lo è arrivare alla fine del disco. Un collage astratto ed un po’ sconclusionato, che potrà forse piacere alla piccola elìte di esteti postmoderni.
Altrimenti, come si diceva ai miei tempi: “esperimento non riuscito”.
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