Nel lontano 1987, mentre il Thrash Metal dilagava negli U.S.A. grazie ai Big 4 e ad altri validissimi gruppi, e in Europa, in particolar modo in Germania, con la cosiddetta triade teutonica (Kreator, Sodom, Destruction), anche l'Australia iniziava a muovere i primi passi nel genere.
I
Mortal Sin, band dell'underground di Sidney, dopo una manciata di concerti diedero alle stampe, tramite la casa discografica
Mega Metal Productions, il loro disco di esordio: "
Mayhemic Destruction”; che probabilmente può essere considerato a tutti gli effetti il primo prodotto Thrash del panorama australiano, o quantomeno il primo di rilievo.
"
Mayhemic Destruction" riscosse molto successo, visto e considerato il genere e la lontananza geografica dalle sue principali fucine di riferimento. Tant'è che un anno dopo, nel 1988, il gruppo venne assoldato dalla ben più prestigiosa Vertigo Records (per intendersi è stata la label che, tra i tanti, ha prodotto "Paranoid"), la quale ristampò e ridistribuì il disco in tutto il mondo.
I
Mortal Sin di "
Mayhemic Destruction" erano composti da
Mat Maurer al microfono, dalla coppia d'asce formata da
Paul Carwana e
Keith Krstin, dal bassista
Andy Eftichiou e da
Wayne Campbell dietro le pelli.
Scendendo nel dettaglio del disco, si può notare fin dal primo ascolto come i giovani australiani fossero fortemente influenzati dai Metallica, in particolar modo la voce di
Mat, che spesso si limitava a ricalcare le orme tracciate da Hetfield; questo è sicuramente un punto che gioca a sfavore del quintetto australiano. Tuttavia, "
Mayhemic Destruction" non esaurisce la sua identità nell'essere soltanto una mera fotocopia dei "Four Horsemen", ma riesce ascolto dopo ascolto a ricavarsi un proprio angolo nella mente del metal maniac.
Se è pur vero che il platter è in buona parte influenzato dai Metallica e da altri grandi del Thrash, risultando dunque leggermente derivativo, ha dalla sua la convinzione esecutiva della band, il feeling, l'attitudine e qualche guizzo di raffinatezza in grado di sorprendere e stimolare il continuo dell'ascolto.
Il disco è composto da 8 brani, per una durata totale di poco meno di 36 minuti. Le danze si aprono con l'accattivante intro strumentale “
The Curse", alla quale segue la tirata "
Women in Leather" dal mood classico e leggermente rockeggiante.
Alla traccia numero tre ci troviamo di fronte al brano più articolato del lotto, dai contorni ai limiti del progressive: "
Lebanon" dalla durata di oltre sette minuti, la quale si apre con un interessante arpeggio orientaleggiante che viene richiamato più volte durante il corso del brano. Un ottimo pezzo a cui forse però manca il giusto legante tra le varie "suite" che potrebbero renderlo una vera e propria perla lucente.
Si prosegue con il Thrash senza compromessi di "
Liar", "
Blood Death Hatred", "
Mortal Slaughter" e "
Into the Fire" (e qui le ispirazioni al gruppo di Hetfield risultano nitide), per poi chiudere il disco con il botto, ovvero con la title track: "
Mayhemic Destruction". Senza ombra di dubbio il pezzo più bello ed estremo della tracklist. Una mazzata nei denti a cavallo tra il Thrash e il Black dei Venom, molto vicina al sound di gruppi seminali come gli Slayer. Oscura, potente e veloce.
La produzione – affidata a
John Darwich e agli stessi
Mortal Sin –, seppur acerba e con qualche imperfezione, è tutto sommato in linea con quelle dei prodotti del genere di quel periodo; è riuscita a donare al disco un sound ruvido e possente senza voltare completamente le spalle alla pulizia sonora. Gli strumenti sono tutti ben udibili e nell’insieme, seppur con qualche "sbalzo" qua e là, ben bilanciati.
La prova dei vari strumentisti è piuttosto solida e coesa:
Mat, pur non brillando per originalità, è riuscito in qualche modo a ricavarsi il suo merito offrendo una prova tutto sommato godibile. Il lavoro alla chitarra dalla coppia d'asce è ottimo, e forse rappresenta il piatto forte del disco. Buona anche la batteria, seppur molto "scolastica' e con qualche rigidità di troppo...ma tutto sommato non si può pretendere molto di più da un esordio discografico.
Per quel che riguarda le liriche non c'è molto da segnalare, ricalcano gli stilemi tipici del genere: satanismo, anticristianesimo, tematiche oscure, ecc.ecc.
L'unico testo che risalta leggermente è quello di "
Lebanon", dove i ragazzi hanno tentato di affrontare – seppur in modo rudimentale – il tema della guerra in Libano vista sotto l'aspetto dello scontro fanatico tra fazioni religiose.
Non possiamo dire che il debut album dei
Mortal Sin sia un capolavoro, ma tuttavia è un prodotto di cui ne è caldamente consigliabile l'ascolto. Innanzitutto perché il disco risulta nel suo insieme appassionante, e in secondo luogo perché il percorso evolutivo del Thrash è passato anche da qui.
"
Mayhemic Destruction" dei
Mortal Sin ne rimane tutt'ora una fulgida testimonianza.
Recensione a cura di DiX88