Di certo non basta suonare jazz-death-prog per essere gli Atheist, e di questo gli australiani
Alarum saranno ben consci, ma devo dire che nel loro terzo “
Natural Causes” c’è tutto l’impegno di una band che ‘ci crede’. Inattivi musicalmente da qualche anno, i quattro ragazzi di Melbourne sistemano la formazione e tornano nei negozi di dischi con un nuovo album, lanciato dalla Willowtip Records (che ogni tanto pesca cose molto carine ed interessanti). Una copertina accattivante e dodici tracce che, come da copione, fanno saliscendi tra i momenti più accesi e carichi, ben conditi dagli screams e qualche growl di Mark Palfreyman, e piccoli stacchi acustici, spagnoleggianti o più tendenti al jazz moderno e alla fusion, in cui i nostri tentano la sorte nella difficile alchimia di commistione tra generi sì diversi ed apparentemente inconciliabili tra di loro. Le canzoni ben riuscite non mancano in quest’album, per amor di recensione cito la sorprendente strumentale “
Sensory Endeavour”, l’aggressività tecnica e chirurgica di “
Non-Linear Parallels”, o una “
The Signal” che ha tutto il sapore dei Cynic che furono (ma che, almeno per il sottoscritto, non sono più). Bello anche il thrash contaminato dell’ultima “
Undivided”, che mi sembra un buon suggello per un album che all’inizio mi aveva lasciato un po’ intorpidito, ma che si svela ascolto dopo ascolto.
Sembra insomma proprio l’album giusto per chi avesse nostalgia di quel jazz metal influenzato e progressivo, che era riuscito seppur a fatica a ritagliarsi una piccola nicchia all’inizio degli anni ’90, per prendere poi scossoni e schiaffoni a destra e a manca. Gli Alarum sanno di sicuro come suonare, la lezione l’hanno studiata e per bene. Da qui all’originalità della proposta c’è un oceano, ma i ragazzi sanno come convogliare la passione e la tecnica in un dischetto tutto da eviscerare, com’è giusto per il genere.
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