11 anni di carriera e 7 dischi sono un gran bel traguardo per i tedeschi (di nascita)
Mystic Prophecy, che all'alba del 2012 consegnano alle stampe l'ennesimo buon lavoro, condito dall'ennesimo cambio di line-up e dalla solita quasi impercettibile virata di stile.
11 anni, perchè i tedeschi nascono nel 2000 da un'idea del cantante
Dimitri Liapakis e dell'allora semi-sconosciuto chitarrista
Gus G., che col tempo è diventato quasi più prezzemolino di Mike Portnoy, affermandosi poi definitivamente coi Firewind.
E proprio Dimitri è l'unico componente originario rimasto nel gruppo, funestato a più riprese da campi di line-up che non hanno mai intaccato troppo le sonorità e soprattutto la qualità del gruppo. Il nucleo odierno vede, rispetto al precedente
"Fireangel", l'innesto del nuovo batterista italo-tedesco
Claudio Sisto, che si rivela sicuramente all'altezza dei suoi predecessori, fornendo una prestazione di tutto rispetto, a tratti decisamente più aggressiva di quanto prodotto finora dai teutonici.
Il sound dei
Mystic Prophecy è quindi sempre il "solito", accostabile si al power di matrice centro europea ma con una gran quantità di riferimenti al thrash e al power d'oltreoceano,
Iced Earth su tutti, anche se il paragone più azzeccato rimane sempre quello coi conterranei
Brainstorm, fatta eccezione per il differente approcio vocale tra Liapakis e Andy B. Franck.
Attenzione ho detto differente, non migliore o peggiore, semplicemente differente. L'approcio di Dimitri è decisamente più power di quello di Andy, meno ruvido, più accostabile al buon Bruce se vogliamo, senza per questo peccare in grinta.
Grandioso è il lavoro alle chitarre del duo
Pohl/Constantine, che dopo un disco di rodaggio forniscono una prestazione davvero eccellente, basta dare un ascolto a
"Endless Fire", una su tutte. Anche nella cover di
"Miracle Man" di Ozzy (per inciso, ottima scelta) si dimostra decisamente all'altezza del suo "modello" di riferimento, in particolare nel celebre assolo centrale.
La sensazione globale è comunque quella di un irrobustimento del suono, che vira verso sonorità più "oscure", più thrash, pur mantenendo la solida venatura power delle origini. Se questo è dovuto esclusivamente al lavoro del nuovo batterista o alla ritrovata affinità tra i due chitarristi non lo so, fatto sta che il risultato è un album decisamente riuscito e godibile, anche se a volte rischia di perdersi un po' nell'auto-plagio, peccando di originalità.
"Ravenlord" è quindi un album di buona fattura, consigliato agli amanti del power/thrash e ai delusi dal nuovo Iced Earth. Per dovere di cronaca è giusto dire che il nuovo Brainstorm è decisamente di un'altra pasta, ma anche i
Mystic Prophecy sapranno deliziare adeguatamente i vostri esigenti palati pre-natalizi.
Quoth the Raven, Nevermore..
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