Aspettavo con ansia fremente il nuovo disco degli Enid, dopo averli scoperti un paio di anni fa con il loro penultimo "Seelenspiegel", un album bellissimo. La nuova fatica è questo "Gradwanderer", un disco che spiazza e conquista ancora più del precedente. Laddove "Seelenspiegel", pur essendo un disco alquanto inclassificabile, era abbastanza lineare nelle strutture compositive ed aveva un'identità che, pur non essendo definibile a priori, era possibile identificare in una sorta di black metal a tinte folk/epiche, con grande uso di fiati e architetture classiche, il nuovo "Gradwanderer" si spinge decisamente oltre e non offre un solo punto di riferimento. La musica degli Enid ora è molto più varia, si nutre d’influenze che spesso sembrano cozzare tra di loro, talvolta sembra pure perdere in omogeneità e coerenza. Tutto ciò succede solo se però si analizza freddamente il disco e si tenta di sezionarlo pezzo a pezzo. Tuttavia non posso esimermi da farvi una breve analisi approfondita e puntuale del disco che, nel suo complesso, rappresenta una sorta di opera omnia la quale, stavolta sì, è nel suo insieme coerente ed omogenea. Apre il disco "Chimera", un pezzo che fonde l'approccio del precedente disco con una verve più romantica e teatrale propria di "Gradwanderer", con cori e accelerazioni che hanno un sapore progressivo. La successiva "An Ode To Forlorn" è una song epica, con atmosfere guerresche, quando accelera, e decisamente folk grazie ad alcuni pseudo-tribalismi. "Silent Stage" è una splendida ballad tutta piano e voce, nella quale Martin Wiese, vero e proprio mastermind degli Enid, sale in cattedra con un'interpretazione intensa e allo stesso tempo dolce e soave. La title-track è l'episodio più aggressivo del disco, con doppia cassa a manetta e atmosfere epico/guerresche di chiaro stampo blackish (in questo disco molto meno presenti che nel precedente) che vengono enfatizzate da fiati pomposi e cori medievaleggianti. "Die Seelensteine" è una suite di oltre 15 minuti ed è la song che più da vicino rimanda al folk propriamente inteso, con alcune atmosfere acustiche e malinconiche che ricordano gli Empyrium di "Weiland", anche se c'è il piano che incombe per tutta la durata col suo refrain nostalgico. "When The Last Glow Flies" allarga, e di molto, il range delle influenze e del sound degli Enid; il pezzo ha cadenze più rock-oriented, con degli arrangiamenti allo stesso tempo semplici ed efficaci nei quali è possibile cogliere qualche synth dal vago sentore "modernista". "Exemption" è un bagno di epicità, sospesa tra folk e musica classica, rasentando i canoni di una vera e propria soundtrack, con cori ben strutturati e orchestrati. "The Burning Of The Sea" è l'apice assoluto della follia e del delirio degli Enid, una song che è blues nella struttura e nei vocalizzi, ma pervasa dal sacro furore epic/folk della band tedesca e con Martin Wiese abile a saltare da vocalizzi teatrali a vocals "nere" come nella più pura tradizione americana; un esperimento tanto strano quanto riuscito. La conclusiva "Herbststurm" riprende un pò il tema progressivo del disco, riprendendo tra le altre cose i veloci assoli epici.
E' difficile esprimere un giudizio obiettivo su questo disco, essendo tanti i parametri e le variabili di cui tenere conto. Alcune di queste potrebbe indurre in giudizi affrettati. Certo è che non tutti hanno le capacità, e perchè no, gli strumenti per comprendere appieno questo disco. Io stesso che dovrei illuminarvi mi trovo in difficoltà. Certo è che preferisco il precedente disco, più omologato e "facile", ma devo ammettere che questo "Gradwanderer" ha un suo fascino del tutto particolare. In definitiva se volete provare qualcosa di veramente atipico e affascinante, dovreste dare una chance a questo disco. Per quel che mi riguarda ho gradito abbastanza.
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