Esordio
importante per gli
Ombraluce di Torino, prima di tutto perché ci consente di apprezzare una formazione che appare, oltre che tecnicamente molto preparata, davvero generosa e “liberale” nelle sue velleità espressive, che attingono indifferentemente dal rock, dal jazz, dal blues, dal funk, dal soul e dalla musica latina per produrre una forma di
progressive elegante, eterogeneo e disinvolto, in cui il gusto per la melodia ha sempre il diritto di prelazione sulle tentazioni narcisistiche.
Musica e parole che traggono spunto da autorevoli guide “spirituali” (in tutti i sensi) come Area (ricorrendo addirittura a cenni delle celebri diplofonie Stratos-
iane), Banco del Mutuo Soccorso e Premiata Forneria Marconi e approdano ad una miscela
sonoro - concettuale che riesce ad essere al tempo stesso intellettuale, raffinata e
popolare (in certi frangenti mi hanno ricordato una meteora del rock italiano chiamata Strange Fruit …), che si lascia ascoltare con piacere anche da chi, pur non amando le
banalità, non digerisce la lacerante manifestazione di menti (magari anche forzatamente)
contorte.
Non tutto funziona ancora in maniera
assolutamente perfetta, a causa di sporadiche prolissità e di piccole sfocature espressive e tuttavia è innegabile che momenti come “Ancora un po' di cose inutili”, “N'gas (nuoce gravemente alla salute)”, la dicotomia “Prigionia” / “Libertà” (una
sorta di fusione Area / Finardi / Yes) e la frizzante “Ricordi” (una “roba” tra Traffic e Il Balletto di Bronzo) esercitino una forza di suggestione emotiva praticamente impossibile da sottovalutare, mentre tocca alle evoluzioni strumentali della coppia “Giochi d'ombra” / “Giochi di luce” (quest’ultima è veramente piuttosto
impressionante) offrire motivi di notevole soddisfazione ai
musicofili legati ad una visione più “tradizionale” del concetto di “contaminazione prog-rock”.
Ridurre, attraverso la vocazione, l’abilità e la misura, il divario tra i generi (come, tra l’altro, suggerisce esplicitamente il titolo del disco) e trattare argomenti di spessore e valore collettivo (il non sacrificare la propria parte sognatrice sull’altare della razionalità è uno dei temi maggiormente rilevanti affrontati in “Distanze ravvicinate” e appare sempre più di attualità nelle frenesie quotidiane del nostro
terzo millennio) con l’arma rara della
comprensibilità poetica, si possono considerare fin da ora due ambiziosi traguardi sostanzialmente raggiunti e se da un lato è vero che per un’approvazione inoppugnabile manca ancora qualcosa, dall’altro è altrettanto necessario accordare agli Ombraluce l’attenzione riservata ai gruppi per i quali si prevede un’
incombente ed edificante compiutezza artistica.
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