Secondo album sulla lunga distanza per gli spagnoli
Diabulus in Musica, symphonic metal band con voce femminile ma dalla personalità molto forte, grazie ai frequenti inserti in growl e scream di altri membri della band. E, molto più che nel debut “
Secrets”, questo “
The Wanderer” raggiunge la quadratura del cerchio, equilibrando tutti gli elementi e creando un amalgama perfetto tra le pulsioni più romantiche e barocche e l’aggressività insista nel riffing e nell’anima stessa della band.
“
The Wanderer”, che peraltro è unito da un sotto-concept sul viaggio simbolico di un pellegrino, è dunque una continua sorpresa, presentando saliscendi che risultano piacevolissimi, visto che il lavoro si mantiene sempre fresco, mai ripetitivo, mai banale. Cosa non da poco, visto che parliamo di un sottogenere che ha fatto dei cliché una gabbia dorata, che in più di un’occasione ha rischiato di soffocarlo.
L’intro “
A Journey’s End” ci introduce nelle atmosfere rarefatte e misteriose che sfoceranno nella prima song vera e propria: “
Ex Nihilo” parte a razzo con un riffing thrash, su cui si innestano elementi sinfonici (ad opera principalmente delle tastiere), e poi una struttura lirica piena di cori e dominata dalla bellissima voce di
Zuberoa Aznárez, dal timbro simile (con i dovuti paragoni) ad una certa Tarja. Il riuscito esperimento di mescolare anima romantica e cattiveria continua egregiamente nel primo singolo “
Sceneries of Hope”, dove un ritornello davvero ben fatto ha il merito di restarti in testa per un bel po’. Ma, come accennato in apertura, il bello di “The Wanderer” è proprio l’alternanza, a volte anche estrema, tra le due anime dei Diabulus: prova ne sia un brano come “
Shadow of the Throne”, interamente in growl seppur cesellato da cori angelici (o demoniaci?), e, di contro “
Sentenced to Life”, struggente ballad in punta di pianoforte e di voci dolci e cristalline.
Se non altro, i Diabulus in Musica hanno dato prova di una grande maestria nel songwriting che forse, di questi tempi, è rimasta la sola arma in più per emergere dalla massa. Paradossalmente, la saturazione del mercato metal potrebbe portare ad una sorta di ‘selezione naturale’, per cui rimarrà a galla soltanto chi ha davvero qualità, o almeno questo è quello che ci auguriamo. Dunque pollice su per “The Wanderer”, un album bello, imprevedibile, mai banale.