Ed eccolo, finalmente, il tanto atteso (dal sottoscritto) ritorno degli strepitosi Death Angel, una band incompresa da molti e sottovalutata da altri, che ha saputo crearsi un proprio stile unico nel panorama del piu' puro thrash metal americano. Annunciato dallo stesso Mark Oseguada come un disco a metà strada tra la il sound di "Act III" e l'immediatezza di "The Ultra-Violence", questo disco conferma in pieno le aspettative, e non trovo descrizione che calzi piu' a pennello di quella data dal singer della band. Questo "The Art of Dying" non si muove di una virgola dal sound che conoscevamo dei Death Angel, e quelli che temevano una pesante influenza dei sound moderni che i componenti intrapresero con nuove band nei '90s (The Organization, Swarm...) possono stare tranquilli. Già, perchè i Death Angel sono rimasti esattamente dove li avevamo lasciati, con i loro tecnicismi ad intrecciarsi al piu' puro thrash made in Bay Area, cercando sempre soluzioni fuori dagli schemi, a livello ritmico come a livello armonico. Persino la produzione di questo "The Art of Dying" ha quel sound vintage che non mi sarei mai aspettato (e che comunque non mi convince del tutto)."Thicker than Blood" o "Thrown to the Wolves" potrebbero benissimo trovarsi in "The Ultra-Violence", e che dire delle piu' sperimentali e geniali "The Devil Incarnate" (fenomenale) e "Famine"? Porca di quella puttanazza, ragazzi che gran disco; era difficile che un disco di reunion potesse esaltarmi ancora dopo il devastante ritorno dei miei amati Exodus, invece loro ce l'hanno fatta a sorprendere ancora tutti, proprio come hanno sempre fatto sin dal lontano 1983. Unici, geniali... un ritorno all'altezza del nome!
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