Ai
Freddocane piace il
grunge, quello dei Pearl Jam, in particolare.
Il gruppo, poi, è italiano e si esprime in madrelingua, finendo, vuoi anche per certe sfumature timbriche del suo cantante, per ricordare in più di un’occasione, il
chartbuster Ligabue, uno dei (pochi)
rockers nostrani di grande successo.
I maligni, dopo un’introduzione del genere, potrebbero parlare di anacronismo o di una predisposizione alla facile compiacenza del mercato, ma in entrambi i casi sarebbero in errore.
La band in questione, tecnicamente piuttosto preparata, pur non concedendosi evidenti tentazioni
post, in qualche modo si allinea a quella corrente di pensiero artistico che il suono di Seattle non l’ha mai dimenticato e che fa ancora un’ottima figura nelle classifiche di vendita (o meglio in quelle di
downloading se non addirittura nelle
playlist di preferenza di
You Tube … che tristezza …) contemporanee (qualche nome … Nickleback, Alter Bridge, Daughtry, Seether, Stone Sour, Three Days Grace, i redivivi Puddle Of Mudd e Bush, gli stessi immarcescibili Pearl Jam …), mentre pure la similitudine con il
singer di Correggio finisce per stemperarsi in un discorso più ampio, in cui le carenze di personalità fanno parte del percorso abituale di una formazione emergente, non necessariamente alimentata da
artificiose brame commerciali.
Così, se vi piace la voce di Eddie Vedder (Beppe Fratus collabora con la tribute band TenLegs … e non è affatto difficile indovinare chi è l’oggetto di tale devozione …), siete degli estimatori di quella comitiva musicale che va dai Malfunk ai Litfiba, magari passando per Clan Destino, Negrita, Plan De Fuga e Verdena, potete accordare i vostri
favori anche a questo valente terzetto bergamasco, che ovviamente dovrà ancora lavorare su aspetti quali carisma e incisività di composizione (migliorando melodie e testi, questi ultimi davvero un po’ anonimi e astrusi), ma dimostra fin da ora di saper scrivere canzoni di soddisfacente qualità.
“Insane”, la coppia“Retrokiller” e “Dentro al tempo”, contrassegnata da in gradevole tocco propulsivo alla RHCP, l’egregia “Freddocane” e pure gli scampoli
hard rock (qualcosa tra AC/DC e James Gang ) di “Realcool” sono sicuramente da inserire nella suddetta categoria, così come non spiacciono le rifrazioni psichedeliche di “Stanco” e della multiforme “Se non lo sai”, un “esperimento” sicuramente da coltivare, ampliare e sviscerare in maniera più convinta.
Interessante pure il trattamento applicato a “Such a shame” e “Walk on the wild side”: l’
hit dei Talk Talk e il capolavoro di Lou Reed (partorito ben prima che la demenza senile gli facesse intraprendere
improbabili collaborazioni …) assumono nuove piacevoli sfumature senza perdere la loro “riconoscibilità”, a dimostrazione di un’ammirevole capacità nella difficile arte del rimaneggiamento effettuato con misura, carattere e gusto.
La mistura sonica del gruppo dovrà necessariamente diventare maggiormente originale, comunicativa e corposa e tuttavia se il periodo del
freddo cane, con l’arrivo della primavera sembra ormai passato, il
momento dei Freddocane potrebbe iniziare proprio da questo imperfetto eppure gradevole debutto sulla lunga distanza.
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