Nell'estate del 2001 Jeff Prentice (voce e chitarra dei Predator) e Rob Nishida (multi-strumentalista giapponese ex membro dei Weeds) si incontrano, scrivono quattro canzoni in un solo giorno e danno vita al progetto Outland. I due dichiareranno di aver voluto recuperare un genere di cui in America si sono quasi perse le tracce, l'AOR, e di avere come punti di riferimento nomi del calibro di Reo Speedwagon, Boston e Survivor. Inoltre non fanno mistero di essersi imbarcati in quest'avventura in un momento di mancanza di ispirazione... e si sente. Se gli Outland avessero concorso al premio per il disco meno originale dell'anno si sarebbero di sicuro piazzati tra i primi classificati. Che l'intento del duo composto da Jeff Prentice e Rob Nishida fosse proporre un album AOR anni '80 passi, ma questo lavoro sembra essere più che altro un collage di "già sentito" senza alcuno sforzo compositivo. Non ci si devono aspettare dagli Outland pezzi troppo articolati o ricchi di mordente. Persino i titoli seguono religiosamente i cliché imposti nelle ultime decadi del secolo scorso: "Valerie", "Mary Ann", "Love Alive"... La voce di Prentice non gode di particolare estensione e spesso si ha la spiacevole sensazione che il vocalist sia sul punto di strangolarsi, come nella sopraccitata "Mary Ann". Non è certo un delitto non poter contare su quattro ottave, meglio quindi non cercare di strafare. La sezione ritmica è poco incisiva, si sente la mancanza di un buon bassista, e le chitarre di Nishida mancano di spessore: indicativa in tal senso è "One More Night" in cui le sei corde sono ovattate e spente. I cori sono dozzinali e sistemati tra le strofe col righello; unica eccezione è "Forever Yours", prima ballad del cd, in cui i cori sono meglio studiati, più piacevoli. Altro tentativo di cori pseudo-coraggiosi in "Love Alive", tentativo purtroppo alquanto blando e di scarso successo. Le tastiere avrebbero potuto essere meglio sfruttate, se ne sentono solo alcuni accenni degni di nota in "Strong Enough". Prentice e Nishida non si fanno mancare neppure la cover di rito, "Love Cries" degli Stage Dolls, che si perde nei meandri di questo cd in cui distinguere un pezzo dall'altro non e' sempre cosa facile. Anche la produzione lascia a desiderare, soprattutto vista la scelta di lasciare la voce in primo piano penalizzando eccessivamente tutto il resto. "Different Worlds" si risolve in una operazione di mercato rivolta ad un pubblico non meglio definito: gli Outland non reggono il confronto con le loro muse ispiratrici tantomeno godono di identità in quantità sufficiente per crearsi un pubblico proprio.
Il futuro del duo si prospetta incerto a meno che non decidano di smettere di pubblicare album inutili.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?