Ho sempre amato alla follia
Arjen A. Lucassen, che nella mia personale scala di valori ha un posto speciale. Bravissimo musicista, discreto cantante e formidabile songwriter, la grande fortuna di Arjen è principalmente dovuta al progetto
Ayreon, sci-fi metal prog infarcito di una gran quantità di nomi tra i più grandi della scena metal (e non solo) mondiale. Ma il mondo musicale che gira intorno ad Arjen ha dato vita a progetti tra i più disparati,
Star One,
Ambeon e
Guilt Machine per citare i primi che mi vengono in mente.
Oggi, invece, il geniale Lucassen cambia decisamente rotta, e dà vita ad un album in cui manca la componente più golosa ed accattivante:
gli special guests. Sì, perché il qui presente “
Lost in the New Real”, a parte un paio di nomi di cui vi parlerò tra poco, è interamente scritto, suonato e cantato da Arjen.
Il motivo è chiaramente spiegato nelle liner notes che accompagnano il doppio cd: la voglia di Lucassen di fare qualcosa per sé, senza dover prestare eccessiva attenzione alle aspettative dei fans, ed anche la umanissima tentazione di mettersi alla prova, di verificare se da solo, senza quel popò di line-up, l’olandese volante sia o meno in grado di reggere tutto il peso di un album sulle sue (alte) spalle. La risposta a questa domanda, per chi vi scrive è:
sì, MA.
Un po’ di info sull’album: “Lost in the New Real”, manco a parlarne, è un concept album. Nel primo cd si sviluppa la storia di
Mr. L, uomo del 21° secolo afflitto da un male incurabile, che sceglie di farsi crio-conservare, per essere riportato in vita quando il mondo avrà sviluppato una cura alla sua malattia. La cosa avviene secoli dopo, e Mr. L viene seguito nel suo risveglio e reinserimento sociale dallo psicologo (nonché narratore del platter), la cui voce è affidata nientemeno che a
Rutger Hauer, indimenticato androide di “Blade Runner”, capolavoro di Scott con cui questo disco condivide più di un’atmosfera. Durante lo sviluppo del disco, L. scoprirà di non riuscire ad adeguarsi ad un mondo completamente mutato, sicuramente più avanzato ma, forse proprio per questo, disumanizzato. Il finale a sorpresa non ve lo svelo, ma la storia è sicuramente avvincente, come ogni album di Lucassen.
Musicalmente, qui siamo alle prese con un prog-rock che spinge sul suo lato metallico in pochissime occasioni, preferendo gestire il fluire delle emozioni con atmosfere più morbide, clamorosamente influenzate da numi tutelari come Beatles, Led Zeppelin, Pink Floyd (a tal proposito vi invito ad ascoltare, con il testo sottomano, la spassosissima “
Pink Beatles in a Purple Zeppelin”!). Alle spalle di Lucassen, solo il fido Ed Warby che divide gli oneri alla batteria con Rob Snijders, ed una sezione di archi, che interviene qui e là a mò di cesello.
Il secondo cd, invece, contiene qualche traccia non inserita nel mainframe della storia, ma attinente ad essa, ad alcune covers che si sposano benissimo con la trama dell’album, come ad esempio una versione davvero interessante di “
Welcome to the Machine” dei Pink Floyd. Potremmo considerarlo un bonus disc, ma l’artista vede il progetto nella sua interezza, e così ve lo presentiamo.
Di certo, “Lost in the New Real” è un album non facile da digerire, molto meno che i precedenti lavori di Arjen. Qui bisogna entrare in sintonia con il narrato più che in passato, e lasciare che la musica sia il veicolo della narrazione, piuttosto che il contrario. La prova strumentale di Lucassen, come al solito, è curatissima e di livello, segno che a 51 anni uno come lui ha la quasi completa padronanza di ciò che suona. Anche la prova vocale, vero punto interrogativo del ‘nuovo’ Lucassen, è molto convincente: pur non avendo uno spettro canoro smisurato, Arjen riesce a dosarlo con intelligenza e stile, affidando il resto alla solita produzione stellare (ed al solito suono di rullante che odio, ma vabbè…).
In conclusione, “Lost in the New Real” è la storia di una scommessa: la scommessa di un uomo col bisogno di dimostrare, a se stesso prima che agli altri, il suo vero valore. Scommessa vinta, per quanto mi concerne.