Nella seconda metà degli anni ottanta il
glamour perverso della scena
street rock n’ roll californiana esplose con una veemenza tale che schegge impazzite di quella provvidenziale deflagrazione si sparsero in tutto il globo terracqueo, conquistando proseliti ovunque, compresa la nostra
Italietta, tradizionalmente considerata ben poco autorevole in questi ambiti musicali.
Oggi, forse la
globalizzazione ha cambiato un po’ la situazione, ma ciò non toglie che essere
italiani,
credibili e
convincenti, suonando quel genere che ha i suoi principali rappresentanti in gente del calibro di Guns n’ Roses, L.A. Guns, Skid Row, Motley Crue e Faster Pussycat, è ancora una di quelle faccende
più facili a dirsi che a farsi.
Non sono in grado di affermare se i
Fuel From Hell si riferissero proprio a questa
difficoltà quando hanno assegnato il titolo al loro secondo
full-length (dopo l’esordio “Fill you up with five star gasoline" su etichetta Go Down Records) e tuttavia mi sento di sostenere con determinazione che in ogni caso l’oneroso obiettivo può dirsi ampiamente raggiunto.
Tecnica di base impeccabile, compattezza, vibrante forza espressiva e, soprattutto, un’istintività
R n’ R capace d’impressionare per
purezza e
intensità sono le prove schiaccianti di un’attitudine impossibile da confutare, la dimostrazione evidente che il quintetto triestino non si fossilizza nel tentativo d’imitazione e realizza una mistura sonora selvaggia e trascinante, in grado di passare in rassegna i grandi del settore e sorprendere per la capacità di condividerne i presupposti senza per questo risultare eccessivamente sottomessi alle loro
memorabili modalità operative.
Insomma, in un terreno minato come quello dello
street (e non è l’unico, invero), dove plagi e sterili riletture sono piuttosto frequenti, i Fuel From Hell riescono a districarsi con notevole disinvoltura, trasmettendo all’ascoltatore quella carica e quell’energia che difficilmente si provano quando la prestazione appare posticcia e forzata.
Merito di tutta la formazione, ovviamente, come anticipato competente e coesa in tutti gli effettivi, con particolare menzione per il singer Phil Lasher, un po’ perché è una
new entry che sembra aver da sempre suonato col gruppo (al pari del poderoso
drummer Alex Count) e un po’ perché con la sua laringe, brillante interpolazione timbrica tra Axl Rose, Sebastian Bach, Robert Fleischman e Mark Slaughter (magari senza raggiungere completamente la perfezione di questo ipotetico “Frankenstein” della fonazione modulata … la strada comunque è quella giusta …), egli domina e marchia a fuoco le brucianti composizioni di “Easier said than done”.
Arrivati proprio alle canzoni, ecco che “Electrified” apre il disco con una torrida e tagliente dissertazione che aggiunge riflessi dell’Alice Cooper
ottantiano alle succitate suggestioni uditive, mentre “Poison whiskey” immette nella “discussione” anche la voce randagia e dissoluta dei Quireboys, evocati dall’ambientazione
blues n’ roll e dal richiamo battente del pianoforte.
“Nowhere in the night” dispensa a piene mani
feeling e vigore, “Some girls” e "December '89” aggrediscono i sensi come i migliori Slaughter (potremmo citare pure certe cose degli Steelheart o della Vinnie Vincent Invasion, laddove qualcuno potrebbe pensare anche a cose più “moderne”, come i Wolfmother, per esempio, per il cantato Plant-
iano di Lasher …), “Send me your love” scandaglia il lato (virilmente) romantico della
band con un (inatteso) tocco di Journey nell’impasto, “Anything goes” pulsa di vibrazioni trascinanti e di colore melodico, così come coinvolgenti risultano i refrain
anthemici di “17 & wasted”, “Bad Jane” e “House of love”, e il “tiro”
rollistico di “Midnight”, tutta roba che sfrutta abilmente i fondamentali precetti dei granitici monumenti dell’
hard rock blues (dagli AC/DC ai Led Zep) ammantandoli di (ulteriore) corruzione ed esuberanza, proprio alla stregua di Poison, Kix, The Cult, Cinderella e Britny Fox.
I Fuel From Hell non distillano in alcun modo prospettive
avventurose, ma con
bad boys come loro la tradizione del
metallo di strada è certamente in buone mani e non manca d’indispensabile freschezza … se riusciranno, come credo, a crescere ancora nel loro percorso di maturazione e di
autarchia compositiva già così ben avviato, passeranno velocemente da “grande promessa” a “fondata realtà” del rock duro contemporaneo. Manca davvero poco …