Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2012
Durata:55 min.
Etichetta:Code666 Records

Tracklist

  1. SOROCUL
  2. NĂSCUT ÎN NEGURĂ
  3. VATRA STRĂMOŞEASCĂ
  4. LEGEA STRĂBUNILOR
  5. SUB SEMNUL LUPULUI
  6. SÎMBĂTA APELOR
  7. NEMURITOR ŞI VEŞNIC
  8. ÎNŢELEPTUL ÎNTRUPAT
  9. ÎN PÎNTECUL PĂMÎNTULUI
  10. PUSTNICUL MUNŢILOR
  11. ÎNARIPAT ŞI ÎMPIETRIT
  12. VENIREA

Line up

  • Corb: lead guitars & vocals
  • Hultan: bass guitar
  • Putrid: drums
  • Lycan: vocals

Voto medio utenti

Dalla Transilvania, riecco i Syn Ze Sase Tri con il loro secondo album, dove ci ripropongono un Black Metal Sinfonico largamente influenzato da Dimmu Borgir, Cradle Of Filth e Old Man's Child, al quale danno perlomeno un minimo di personalità cantando nella loro lingua madre.
"Sub Semnul Lupului" è un lavoro caratterizzato dalla forte, quasi preponderante, presenza dei synth, anche se non mancano strumenti tradizionali ad arricchire diversi brani (come ad esempio "In Pantecu Pamantului" o "Inaripat Si Impietrit"), con le canzoni che liricamente vanno nuovamente a scavare nella storia più tetra ed oscura della loro terra.
Un concept, quello incentrato sul mito dell'Ancient Dacian Wolf, al quale lo scream di Lycan garantisce la giusta dose di malignità e cattiveria, mentre le sfuriate arrivano sopratutto dalle parti del batterista Putrid, per quanto non particolarmente supportate da una produzione che tarpa le ali anche alle corde di Corb (chitarra solista, e con trascorsi nei Negura Bunget in occasione di "Virstele Pamantului") e a quelle del bassista Hultan.

Su "Sub Semnul Lupului" l'enfasi epica di questa formazione rumena si scontra con un vento gelido… algido, con risultati che si fanno comunque apprezzare per quanto talvolta si perdano in qualche ridondante passaggio sinfonico.
Con un approccio più ferale e meno cinematografico (anche per qualche sampler di troppo), non ho dubbi che in futuro i Syn Ze Sase Tri possano ottenere maggiori riscontri e consensi.

Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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