Non si può certo dire che gli Ensoph siano un gruppo come tanti altri, infatti il loro nuovissimo "Opus dementiae" è uno di quei dischi che lì per lì lasciano abbastanza esterrefatti, e che necessitano di un bel po' di ascolti per poter essere apprezzati nella giusta maniera. Non nascondo che all'inizio lo strano ibrido musicale prodotto dalla band veneta mi convinceva così così, invece dopo un po' ho iniziato a "comprendere" meglio il senso della loro proposta, che in poche parole è uno stranissimo mix tra gothic, black metal, prog e electro!! A dirla così sembra quasi una cosa impossibile da ottenere, invece gli Ensoph sono riusciti a farlo, avendo tra l'altro l'accortezza di calibrare bene tutte le componenti e creare un universo sonoro che a seconda dei casi può essere più o meno caotico... In linea generale definirei il loro sound come sperimentale, ma forse sarebbe meglio dire unico perché non mi viene in mente alcuna band alla quale potrei paragonarli, bensì tutta una serie di influenze che in questo album hanno trovato uno spazio ben preciso (e che riescono a convivere nonostante abbiano origini tra le più svariate!!). Basta far caso all'uso della voce per rendersi conto di quanto bizzarra possa essere la musica degli Ensoph: si passa infatti con grandissima tranquillità dalle screaming vocals (assolutamente pazzoidi e assurde!) al cantato pulito, ma non mancano neanche i momenti in cui il singer Nicholas (uno che con l'eclettismo ci va a nozze!) assomiglia vagamente a Fernando Ribeiro, oppure quelli in cui sembra il fratellino minore di Anna Varney dei Sopor Aeternus. Insomma è proprio il caso di dire "chi più ne ha più ne metta" per ciò che riguarda le parti cantate, ma ovviamente anche il resto non è da meno, infatti in "Opus dementiae" di cose se ne sentono parecchie: si va dall'industrial malato di "Salmo a nessuno" all'electro-metal di "White lamb seducer" passando per l'avanguardismo di "Jaldabaoth at the spring of time", "In the flesh" e "Faith defeat" (sicuramente tra i brani migliori del disco). Interessante anche l'inserimento del flauto all'interno dei vari pezzi, una particolarità che rende questi ultimi ancora più anomali e fuori dal comune. Chiude il cd la versione remix di "Sophia's fall", affidata dagli Ensoph a Bruno Kramm dei Das Ich: quest'ultima traccia è in realtà la classica ciliegina sulla torta di un lavoro che ha rappresentato per me una sorpresa molto positiva, e che mi ha colpito per la sua freschezza e per certe interessanti intuizioni che non sono affatto una cosa rara bensì una presenza costante all'interno di ognuna delle dieci tracce incluse.
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