Che cosa sta succedendo al
glam metal (in particolare, a quello di casa Frontiers, a dir la verità …)? Sarà la crisi economica internazionale, la poca voglia di festeggiare e “cazzeggiare” mentre la società “civile” sembra implodere in un misto di disoccupazione, imperscrutabili tributi,
spread ballerini e rischi di
default, ma pare proprio che una certa “serietà” abbia contagiato un genere che invece aveva tra le sue caratteristiche più importanti la spensieratezza, l’attitudine selvaggia e viziosa di gente che (apparentemente, almeno) concepiva come unico obiettivo l’eccesso e il divertimento, nella vita come nella musica, indifferente a quello che succedeva là fuori, nel “mondo reale”.
Qualche settimana fa i Crazy Lixx erano usciti con un disco godibile eppure anch’esso leggermente “preoccupato” (o “preoccupante”, a seconda dei punti di vista …) e oggi i
Wig Wam continuano il processo di “maturazione” instaurato nel precedente “Non stop rock ‘n’ roll” e ci propongono una versione dei “fatti” ancora una volta piuttosto variegata e controversa, soprattutto per chi auspicava, viceversa, un ritorno alle
pure esuberanze degli esordi.
Per quanto mi riguarda, non posso che plaudere alla “temeraria” coerenza artistica di una formazione che evidentemente non si riconosce più del tutto in certe (“facili”) soluzioni espressive, e addentrarmi con curiosità nei meandri del nuovo
step evolutivo dei norvegesi, libero da ogni condizionamento “esterno”.
Diciamo subito che anche se la voglia di “cambiamento” è percepibile in maniera istantanea, i primi due pezzi dell’albo sembrano “mascherarla” abbastanza bene: la
title-track e “OMG! (Wish I had a gun)” possiedono il coinvolgente
trademark del gruppo, ma a ben sentire è chiaro che l’attitudine “primitiva” della
band è mitigata da un senso quasi “drammatico” che avvolge le composizioni, rendendole al tempo stesso trascinanti, disinvolte e vagamente
inquiete.
Tocca a “Victory is sweet” liberare tutta la sensibilità
teatrale acquisita dai Wig Wam nell’A.D. 2012: il risultato, con un pizzico d’imprescindibile
iperbole, potrebbe essere paragonato ad una sorta di Savatage improvvisamente “folgorati” dal verbo dello
sleaze, per un effetto piacevole e ovviamente sorprendente, nonché oggetto di fatale discussione.
Se vi piacciono i Def Leppard (e i T. Rex …) non faticherete ad apprezzare “The bigger the better”, mentre qualche problema probabilmente ve lo creerà “Bleeding daylight”, nuovamente ammantata da un alone oscuro ed enfatico, “singolare” e di notevole suggestione.
“Tides will turn” sembra uscita dal
songbook di Valensia (palese devozione per i Queen, dunque …), “Wrong can feel so right” è un bell’omaggio opportunamente “aggiornato” al
glam rock primigenio (Sweet, Mott The Hoople, …) e “One million enemies” ricorda un po’ gli Shotgun Messiah “sintetici”, senza replicarne l’assoluta efficacia.
Rimangono da commentare l’attraente ardore
anthemico / acustico di “Try my body on” e la gradevole “Natural high”, che si avvicinano, per intenzioni, ancora una volta ai “vecchi” Wig Wam, e “Things money can't buy”, uno strumentale ben concepito e tuttavia piuttosto superfluo nel contesto generale dell’opera.
Avevo apprezzato il “nuovo” corso dei Wig Wam, ritenendo interessante la canalizzazione dell’energia e della rabbia ricreativa in una forma maggiormente “meditata” e accurata d’interpretazione artistica … “Wall street” non sconfessa tale giudizio e tuttavia desta qualche perplessità supplementare sulle effettive capacità del gruppo nel riuscire a consolidare i propositi in maniera davvero incisiva e persuasiva.
Disco discreto, comunque, che sono sicuro dividerà i
Wig Wamaniacs e, in generale, gli estimatori dell’
hard rock melodico e
glitterato.