Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2002
Durata:44 min.
Etichetta:Lion
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. FAITHBRINGER
  2. DEVIL'S DANCE
  3. FIREWALKER
  4. KILL YOUR IDOL
  5. WONDERLAND
  6. OUT OF THE CROWD
  7. SAVE THE SLAVE
  8. THE CRYING ANGEL
  9. THE MYTH
  10. WELCOME

Line up

  • Stella Tormanoff: vocals
  • Thorbjorn Englund: guitars
  • Bob Katsionis: keyboard
  • Erik Tornberg: bass
  • Tony Eriksson: drums

Voto medio utenti

Questo debutto dei Star Queen si rivela un passo falso della Lion Music. Il gruppo è formato tra gli altri da Thorbjorn Englund e Erik Tornberg, entrambi membri dei Winterlong, altra band che già non mi aveva entusiasmato con i proprio album di debutto. Ma qui si punta molto sulla presenza di Stella Tormanoff, la cantante di origini jugoslave che è ovviamente il punto focale del gruppo, nel bene e nel male. In realtà l'esito negativo di "Faithbringer" non è da imputare solo alla sua altalenante prestazione, ma all'intera globalità dell'album, noioso e spesso inconcludente. I 10 brani sono orientati verso il Neoclassic/Power Metal, anche se non mancano puntate verso il Gothic ed alcuni evidenti accenni ai Nightwish ("Firewalker", "The Crying Angel", o la conclusiva "Welcome"). Da parte sua Stella, non riesce a dare un'impronta personale al gruppo, anzi sin dai primi brani lascia un po' perplessi con delle continue variazioni che tendono ad annoiare se non addirittura ad infastidire. Per prenderne atto è sufficiente l'ascolto di "Faithbringer" e "Devil's Dance", e dato che si tratta proprio dei primi due pezzi in scaletta, l'impatto non è sicuramente dei più opportuni. Una migliore impressione la lascia invece la chitarra di Thorbjorn Englund, vera mente del gruppo, nulla di trascendentale ma è autore di alcuni interessanti assoli, come ad esempio quello piazzato a metà di "Save The Slave". Nel dividere le colpe mi sembra corretto affibbiane qualcuna anche al più noto ed esperto Lars Eric Mattsson, il quale proprio non riesce a far emergere la personalità e l'energia del gruppo, ed è responsabile di una produzione sporca e fiacca. Ad ogni modo per ascoltare qualcosa di interessante dobbiamo arrivare al penultimo pezzo: "The Myth", che finalmente si lascia seguire con discreta fluidità ed è caratterizzato da un taglio semplice è piuttosto epico. Troppo tardi e troppo poco per salvare l'album.
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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