Gli italiani
Mirrormaze arrivano al debut album dopo una storia di quattro anni, che li ha portati, tra un demo ed un concerto, a chiarirsi le idee sulla propria direzione musicale. Il punto di svolta è probabilmente l’acquisizione dietro il microfono di
Fabio D’Amore, già noto da queste parti come bassista, tra gli altri, degli austriaci Serenity. Fabio ha una voce potente, acuta e rauca che mi ha immediatamente ricordato, sin dalle prime note di “
Prisoner”, quella di
Ray Alder dei Fates Warning (e dei Redemption, eh!). La mia è quindi stata una sorpresa a metà, quando ho poi scoperto che alla traccia n°6, “
Deeper Signs”, Fabio duetta proprio con Ray: decisamente un guest vocalist di qualità! Ed è innegabile che, voluto o involontario, l’amore per i Fates Warning sia di certo una delle componenti più evidenti nel soud dei Mirrormaze, che suonano un metal drammatico, in un la componente prog è gestita in maniera molto leggera e poco invadente, lavorando più di arrangiamenti che di partiture in dispari.
Non mancano le belle canzoni, in questo debutto, e mi viene in mente “
Earn your Answers” o la convincente “
Vicious Circle”, ma è altrettanto vero che i Mirrormaze ci consegnano un lavoro derivativo, prodotto bene ma con ampi margini di miglioramento. E tali margini sono riscontrabili soprattutto nelle strutture dei brani, dove spesso il climax viene costruito e poi non portato a compimento, e negli arrangiamenti vocali, laddove la voce di Fabio spesso si inerpica su acuti evitabili, invece di sfruttare appieno il suo range vocale, anche verso il basso.
Considerato che è un debut album, sono sicuramente fiducioso sul futuro dei Mirrormaze. Per il momento, “
Walkabout” rimane un importante primo passo, in un cammino di autorealizzazione che è proprio ciò che il titolo ci suggerisce.
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