I
Phobia sono oramai storia del grindcore, genere che bazzicano da oltre vent’anni, arrivando con questo “
Remnants Of Filth” all’ottavo full-lengh in studio.
Personalmente ero rimasto a “
22 Random Acts Of Violence” del 2008, un gran bel dischetto di grindcore loud’n’proud, forsennato e selvaggio.
Il nuovo disco non muta di una virgola la formula della band, che è quella di picchiare come fabbri, sbizzarrendosi a velocità sovrumane, con la varianti, questa volta, di una doppia voce, una più robusta e un’altra nel classico screaming grind, e qualche sporadica concessione alla melodia e al rock’n’roll iperamplificato.
18 canzoni per 20 minuti che si susseguono senza requie con folate devastanti che lacerano carne a brandelli e maciullano ossa come fossimo in un film gore di serie z.
“
Infraction Of Pride”, “
Deaden To Believe” e “
Resuscitate” vi mostreranno cosa significa suonare grindcore con passione, onestà e attitudine.
Non c’è molto altro da dire. Questa è una recensione grind, veloce.
Supporterò sempre bands oneste e coerenti come i
Phobia, gente devota al pestaggio scriteriato dei propri strumenti e dedita alla creazione di rumore e cacofonia.
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