Band cilena, i
Six Magics attivi ormai da circa sedici anni, da quando incisero la prima demo su nastro. Col tempo sono riusciti a costruire la loro fama in patria conquistando anche la fiducia dell’etichetta italiana Underground Symphony con la quale hanno realizzato il loro primo album; adesso con
Falling Angel tornano sulla scena internazionale ancora una volta con una label italiana, nello specifico Coroner Records che diede loro fiducia con l’arrivo di Elizabeth Vásquez al microfono.
Fautori di quel female fronted power tanto svalutato, tanto abusato, ormai quasi impossibile da stravolgere, un settore dove riuscire a inventare qualcosa o più semplicemente riconfermarsi sembra essere sempre un’impresa ardua che riesce a non più di tre o quattro formazioni, ma al contempo un metal altrettanto testardo da perseverare nel riproporsi e capace di rimanere ancora in voga a prescindere dalle premesse e che –inutile fare i duri ad oltranza- prima o poi passa nel player di tutti!
In precedenza li avevamo sentiti esprimersi sia nello stile che nei testi, con toni decisamente più epic, da cui adesso da cui adesso sembrano volersi allontanare; l’album parte ottimamente con
“Another Name”, scelto non a caso come il primo singolo dell’album che potete inoltre scaricare gratuitamente dalla home page del
sito della band appena rinnovata per l’occasione: brano dalla ritmica prepotente con inserti simil-gothic come i cori baritonali in stile gregoriano che ritroveremo anche più avanti anche in altri pezzi. Ambigua la scelta dei synth che varia da inserti puramente riempitivi immersi tra le chitarre (saggiamente rese predominanti), inciampando in basi stile midi –il caso (triste) di
“Do You Remenber?” unica vera pecca– passando per elementi sinfonici
“Sick and Tired”, per arrivare allo sfondo da colonna sonora quasi (dico quasi) à la Holpainen di
“How to Live”, il clou di Falling Angel insieme alla conclusiva
“I Know”.
“Start Another War” si divide invece a metà tra chitarre dalla fisionomia speed e l’inserimento di una voce maschile che rimanda al new metal.
Si sente che c’è un bel lavoraccio dietro nonché una produzione più che decente e anche la scelta dei testi non suona scontata; ne vien fuori un’opera completa anche se non troppo uniforme di una band che dopo i cambi di line-up sta ancora smussando un’identità comunque già presente e spero sia giunto adesso il momento della scelta di un unico filone su cui iniziare a comporre brani che possano ricondurre a uno stile ben definito quale potrebbe essere un power più omogeneo o il gothic a cui rimandano artwork e titolo, genere che si conquista non pochi spazi e che molto si adatta alle ottime potenzialità vocali di Elizabeth Vásquez, aggraziata quanto poderosa nell’interpretazione. A voler far contenti tutti si rischia grosso, attenzione!
In conclusione quest’album non credo avrà problemi a farsi apprezzare anche da noi, ma mi chiedo quanto possa poi risultare longevo. Vedremo.
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