Tra lo scorbutico nome del gruppo, ed un artwork che sembra il parto di un bimbo dell’asilo, l’impatto con questo disco non poteva essere peggiore. Invece il duo francese che si cela dietro l’opera, recupera credito grazie ad un impianto sludge/doom strumentale discreto, anche se con qualche aspetto ancora amatoriale. Il grosso del lavoro lo porta avanti Francois Dechamp, chitarrista/bassista dalle sonorità acide e distorte, certamente ispirato dalle cose più basilari di Sleep, primi Cathedral, Stinking Lizaveta, con un tocco di potente dinamicità alla Karma to Burn. Il batterista Jerome Bouquet completa invece lo stile della band d’oltralpe, con un drumming elastico e variegato nel segno della moderna scuola interpretativa.
Il risultato è discreto, pur se altalenante. Il duo picchia sodo, la chitarra non si abbandona a solismi veri e propri ma rimane una presenza fragorosa e costante. Come una mareggiata, le ondate elettriche variano di potenza ed intensità abbattendosi ruggendo sulla costa e rendono il suono fluido e sferzante. A tratti, i
Kyzyl Kum rallentano le cadenze esprimendo un doom dai toni putridi ed ossianici, per cui episodi come “Cobaye scorbut” e “Goodbye Jean-Luc” risultano decisamente interessanti.
Con una produzione migliore, un contorno più professionale e qualche limatura strutturale, la formazione francese potrà ritagliarsi il proprio spazio in ambito doom/sludge strumentale.
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