Il nome “Dreamaker” potrebbe essere una novità per la maggior parte dei nostri lettori, ma se vi dico che dietro a questo monicker si cela buona parte della vecchia line-up dei Dark Moor (la singer Elisa C. Martin, il chitarrista Albert Maroto e il batterista Jorge Saez), probabilmente vi renderete conto di aver già sentito questi signori da qualche parte. Se poi aggiungo che anche Roberto P. Camus (sempre Dark Moor) e il chitarrista Matìas Sosa hanno contribuito alla stesura delle composizioni di “The Human Device”, dovrebbe esservi chiaro il tipo di Metal proposto dalla giovane formazione iberica. Ma, a differenza di quanto potreste immaginare, la proposta dei Dreamaker prende le distanze in maniera piuttosto marcata dal Power sinfonico e orchestrale dei Dark Moor, avvicinandosi maggiormente ad atmosfere più oscure e soluzioni meno scontate (con qualche vaga influenza della Power Metal Made in USA), rimanendo comunque aderente in tutto e per tutto ai canoni del genere. Se non si può assolutamente criticare la qualità della produzione del disco (della quale è autore Nino Laurenne dei Thunderstone), né il notevole bagaglio tecnico dei cinque musicisti spagnoli, lascia invece l'amaro in bocca la pochezza compositiva delle dodici canzoni di “The Human Device”, poco incisive e a tratti addirittura noiose, decisamente peggio di quanto fatto dalla nuova formazione dei Dark Moor. I Dreamaker, nel tentativo di creare qualcosa di originale, hanno però perso di vista l'impatto delle canzoni, veramente scarso, e neanche la bella voce di Elisa riesce a dare alle canzoni quel carisma che ci si aspetterebbe da un gruppo delle capacità dei Dreamaker. Che peccato!
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