Sin dal loro primo disco,
"The Codex Necro" uscito nel 2002, gli inglesi
Anaal Nathrakh sono diventati uno dei nomi di punta della frangia più estrema del metal.
La loro letale mistura di black metal, grind, elettronica, migliorata ed ulteriormente estremizzata con le uscite successiva, è diventata un vero e proprio marchio di fabbrica nonchè una pietra di paragone alla quale riferirsi nell'ottica di suonare estremi.
Ed il duo inglese estremo lo è davvero: nessun compromesso, nessun ammorbidimento, solo pura, incontaminata violenza.
"Vanitas", che esce sotto l'egida della Candlelight Records, prosegue sulla scia dei suoi predecessori andando a segnare una nuova, importante, tappa nel processo di annichilimento portato avanti da oltre un decennio dalla band inglese.
Non saprei dirvi se il nuovo album sia migliore o peggiore dei precedenti.
Chi conosce il gruppo sa bene cosa aspettarsi.
Chi non lo conosce verrà letteralmente spazzato via da una musica
INUMANA che viaggia alla velocità della luce poggiandosi su riff assassini e su inserti elettronici alienanti e spiazzanti.
Come da copione la prestazione di
Dave Hunt dietro il microfono è spaventosa: uno scream folle e selvaggio alternato, sapientemente, al growl, alla voce pulita e a tutta una serie di follie assortite e meccaniche che rendono l'ascolto dei brani, se possibile, ancora più doloroso di quanto non lo sarebbe per merito dell'ottimo lavoro di
Mick Kenney agli strumenti.
"Vanitas" è un album alieno, un disco a suo modo epico e magniloquente nel quale inaspettate aperture "melodiche" di ampio respiro, la conclusiva
"A Metaphor For The Dead" in cui ascolterete addirittura estratti dall'opera lirica "Pagliacci" , si alternano a sfuriate black la cui violenta ortodossia spazza via il 90% della scena odierna incapace, a mio avviso, di essere davvero estrema.
Se a questo
rassicurante quadro aggiungete partiture di scuola death/grind ed un uso della sei corde tanto gelido quanto intricato ed avvolgente, sia nelle ritmiche che nei solos, otterete il quadro di un disco che definire affascinante sarebbe riduttivo.
Certamente accostarsi ad una proposta del genere non è impresa facile vista la sua sprezzante violenza e la sua assoluta mancanza di umanità, tuttavia intuizioni come il riffing della sbalorditiva
"Of Fire, And Fucking Pigs" o le epiche atmosfere di
"In Coelo Quies. Tout Finis Ici Bas" ci danno una prova tangibile della grandiosità di un gruppo che verrà a lungo ricordato nella storia dell'estremo in musica.
L'estremo quello vero però.