La ristampa in “edizione definitiva” del vecchio catalogo dei
Threshold ad opera della loro attuale etichetta discografica, mi consente di ribadire i concetti espressi nella disamina della loro ultima incisione (“
March of progress”) e di ratificarli con ulteriori “schiaccianti” testimonianze.
Riascoltare questo incredibile debutto, tanto per cominciare, e provare le stesse sensazioni di soddisfazione e coinvolgimento emotivo che mi aggredirono nel lontano 1993, dimostra inequivocabilmente l’immarcescibile valenza della proposta dei britannici, una miscela di tecnica, intelligenza, carisma e magnetismo sensorio assolutamente refrattaria al trascorrere del tempo, proprio come si conviene ai veri protagonisti di ogni stile musicale.
E qui non possiamo che riaffermare anche il rammarico per un’affermazione che, nonostante i lusinghieri risultati ottenuti finora, non è mai stata veramente all’altezza dell’imponente statura artistica dei nostri, inoppugnabile fin da questo spettacolare “Wounded land”.
A beneficio dei “distratti” e dei novizi, non rimane che tentare di descrivere il contenuto di questo disco, alimentato da un
plot narrativo (liberamente ispirato ad una novella di Stephen R. Donaldson) di notevole valore sociale e poetico (diventerà un aspetto fondamentale dell’autorevole
trademark del gruppo …) e capace di far convivere dramma, malinconia, eleganza e tensione, quasi si trattasse di una proficua interpolazione tra Black Sabbath, Saracen, Led Zeppelin (soprattutto per alcune inflessioni vocali di Damian Wilson), Magnum, Rainbow e Genesis.
Edificato su una struttura armonica che privilegia i tempi medi e le atmosfere cupe ed incombenti, ma non difetta in varietà e versatilità espressiva, il programma procede nel suo costante coinvolgimento emozionale senza ostentare pause, con un Wilson perfetto nel suo ruolo di evocativo e passionale “cerimoniere”, mentre le tastiere di West tessono trame inquietanti e suggestive e le chitarre di Groom e di Midson squarciano e illanguidiscono le fervide ambientazioni sonore puntellate dalla solida e poderosa sezione ritmica appannaggio del duo Jeary / Grinham.
“Consume to live” è il modo migliore per accedere al maestoso e inquieto universo dei Threshold, le sue cadenze di esotico
heavy-prog non lasciano scampo ai sensi, e se con “Days of dearth” la suggestione prosegue sulle medesime coordinate, sono i dieci minuti di “Sanity's end” ad offrire un saggio della tipica capacità della band nel realizzare composizioni variegate e straordinariamente fluide, dove la tecnica e le variazioni di clima sono realmente al servizio di grandi canzoni, intese nel loro significato più ampio, comprendendo quindi anche il testo, un elemento spesso ritenuto esclusivamente accessorio.
“Paradox” rievoca certi misconosciuti rappresentanti “pomposi” della
NWOBHM, “Mother Earth” inasprisce i toni, “Siege of Baghdad (the new crusade)” riprende a soggiogare l’astante con i suoi fraseggi oscuri e le sue inebrianti fragranze arabeggianti e “Keep it with mine”, attraverso la sua leggiadria, sembra prospettare un flebile spiraglio di speranza in una società tanto violenta, superficiale e (auto)distruttiva.
Ho volutamente “isolato” l’ultimo pezzo della
tracklist originale, perché ritengo “Surface to air”, una
suite suddivisa in tre parti (“Conception”, “Realization” e “Resurrection”), la vera summa dell’album: rimanere impassibili di fronte a questa perla di rara intensità e creatività “sensibile”, significa verosimilmente non essere adatti al genere e forse anche avere qualche preoccupante disfunzione di tipo
cardio-uditiva.
All’appello mancano ancora le tre
bonus-tracks (in realtà la prima era già presente nella ristampa del 2001 della InsideOut e le altre due erano state incluse in “Paradox – The singles collection”) del nuovo allestimento patrocinato dalla Nuclear Blast: “Intervention”, “Conceal the face” e “Shifting sands” (meno cupa e pure meno efficace, invero) forniscono un ulteriore apporto di vibrante propagazione melodrammatica ad un piccolo capolavoro delle sonorità
epic-prog, che merita un posto di rilievo nelle discografie di tutti i
musicofili raziocinanti e che dà avvio ad una carriera edificante, proseguita l’anno successivo con … ma questa è un’altra storia …
to be continued …