Sono “strani” questi francesi.
Scelgono una
ragione sociale che sembrerebbe evocare visionarie vicende
cosmiche, mentre di
siderale nel loro suono c’è in realtà pochino (giusto qualcosa in “Angel” …), partono da solidi presupposti
prog-metal e poi si lasciano affascinare da scorie
thrash,
symphonic-gothic,
electro-pop e
alternative.
Di primo acchito “The new Eve”, il quarto albo degli
Spheric Universe Experience, rivela, alla luce dei fatti appena esposti, una sensazione di vaga “indecisione”, quasi fosse il
subdolo tentavo di accontentare il numero più ampio possibile di
rockofili, ma sono sufficienti un paio d’ascolti per sostituire la denominazione di tale percezione con il termine “versatilità creativa”, trasformando di conseguenza anche gli attributi della valutazione, che passano abbastanza repentinamente dal
sospetto alla
stima.
Una notevole abilità compositiva, impregnata di un senso melodico intenso ed esteso, rendono il lavoro dei transalpini un pregevole esempio di
metallo progressivo fascinoso e polivalente, sufficientemente fresco e moderno da attrarre anche chi, magari, conosce solo distrattamente gli
antichi ispiratori del movimento.
In un percorso espressivo che attinge da Evergrey e Dream Theater, i S.U.E. (un po’ alla maniera dei danesi Anubis Gate, per fare un esempio) sviluppano trame sonore abbastanza originali e comunque mai fastidiosamente derivative, forti di una tecnica esuberante e inattaccabile e di una cultura musicale ampia e variegata che consente alla
band di affrontare le varie circostanze stilistiche con una
certa sicurezza e disinvoltura.
In questo modo, nel disco troverete situazioni ariose, grintose e immediate come “Shut up”, vibranti episodi contaminati da bagliori
elettro-sinfonico-gotici come la
title-track o ancora momenti in cui è una certa attitudine
alternativa ad emergere, come accade in "Never heal”, "The day I died” (un singolo discretamente efficace) e “My heart on the cross” (non troppo lontana dai Linkin’ Park!), il tutto accostato a “Escape”, "In this place” e “Self abuse”, squarci maggiormente tipici del settore di competenza e caratterizzati comunque da variazioni armoniche (dalle melodie ruffiane, agli strappi
thrash-power, fino agli accenni di
growling …) in grado di allontanare il diffuso spettro del molesto
dejà-entendu.
All’appello manca solo la già brevemente menzionata “Angel“, una ballata romantica che ha il merito di confermare le policrome doti interpretative dell’ottimo
vocalist Franck Garcia e che tuttavia appare un po’ troppo inconsistente per svolgere pienamente il suo ruolo di magnete emotivo.
Sinceri complimenti finali, dunque, per i nostri Spheric Universe Experience, abili, fantasiosi e anche sufficientemente scaltri (serve anche questo …); da consigliare ai
progsters più “aperti” e alla ricerca di un pizzico di piacevole “eccentricità” in un genere in cui il “rigore” è viceversa diventato un aspetto sempre più comune.
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