Trai i diversi moventi che mi hanno spinto ad "occuparmi" del secondo album degli inglesi Power Quest, ricopre un ruolo rilevante la presenza in formazione di due membri degli Arthemis, uno dei gruppi italiani emergenti che ho imparato ad apprezzare di più. E' sempre l'ex Dragonforce Steve Williams che si conferma il fulcro intorno al quale si muovono i Power Quest, ma i nostri connazionali ribadiscono, a dispetto dei chilometri (o miglia che siano...) di distanza, di essere parte integrante del gruppo e non un semplice ripiego. Non è stato rinnegato il percorso musicale intrapreso con il debutto "Wings Of Forever", dove avevano mantenuto fede all'impegno di seguire le orme dei vari Rhapsody, Stratovarius o Freedom Call. Anche in questa occasione lo fanno piuttosto bene, ma allo stesso tempo cercando di caratterizzare i brani con frequenti escursioni nell'AOR e Hard Rock, scelta che in effetti gli permette di uscire dagli schemi tipici del genere. Troppo statica invece la produzione, certo nitida ed in grado di mettere in risalto il lavoro di Steve Williams, ma al contempo fredda, sopratutto per quanto riguarda le sezione ritmica. Una scelta questa che a me non è mai piaciuta troppo, ma al gruppo probabilmente si, dato che per l'occasione sono tornati a registrare ai Thin Ice Studios sotto la supervisione di Karl Groom (chitarrista dei Threshold).
"NeverWorld (Power Quest II)" apre in maniera sostenuta e catchy l'album, in linea col più classico Metal Sinfonico, riprendendo il discorso lasciato in sospeso con il debut album. La successiva "Temple Of Fire" abbina i Sonata Arctica al tocco eighties delle tastiere di Steve Williams, un brano accattivante e vivace. Con "Sacred Land" i Power Quest puntano nuovamente sul power sinfonico, ma questa è una canzone davvero troppo scontata, collocandosi così tra le meno riuscite, al contrario della valida "Well Of Souls" dove si mette ben in evidenza il "nostro" Andrea Martongelli. I brani appena citati rappresentano l'anima più power/sinfonica del gruppo, ma un'altra ne emerge dal disco, a partire dalla simpatica "Edge Of Time", a metà tra i Van Halen (ditemi se non vi ricorda "Jump") e gli Europe, e lo stesso taglio hardeggiante ci viene poi riproposto su "For Evermore". Addirittura due le ballads presenti sul Cd, "When I'm Gone" (più di maniera) e "Lost Without You", che inizialmente richiama gli Europe e proseguendo ricorda invece i Survivors, con in evidenza ancora sia le parti vocali di Garavello sia quelle della brava Sabine Edelsbacher degli Edenbridge, la quale impreziosisce un pezzo già bello di suo, godibile anche sul piano compositivo/strumentale.
Con il prossimo album i Power Quest potranno mostrare maggior coraggio abbandonando maggiormente la zavorra del Power Metal: ne guadagneranno di certo. Ad ogni modo già degni di nota così!
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