"Kosmonument", secondo parto discografico dei finnici
Oranssi Pazuzu, è stato rilasciato dalla Spinefarm ad ottobre dell'anno scorso e dunque ve ne parlo con grande ritardo.
Spero perdonerete l'intempestività (si può dire?) di questa recensione in virtù della particolarità della proposta in questione.
Il
demone arancione con il primo lavoro,
"Muukalainen Puhuu", aveva dato una scossa al mondo dell'estremo venendosene fuori con un suono a metà tra lo space rock ed il black metal più oltranzista, sperimentando, dunque, in un settore più o meno vergine nel panorama black europeo.
Il nuovo album prosegue sulla scia del predecessore, estremizzandone l'aspetto spaziale, e confermando, per tanto, la mia idea di essere di fronte (con le dovute proporzioni) ai
Voivod del black metal: la musica di questi folli, infatti, è caratterizzata da un approccio lisergico, spaziale, psichedelico al metallo nero secondo un'ottica che i celebri canadesi di cui sopra hanno applicato al thrash nei gloriosi anni '80.
Il risultato di questa particolare visione, che questa volta non può tuttavia contare sull'effetto sorpresa come accaduto per l'esordio, è comunque soddisfacente riuscendo ad essere allucinante ed estraniante come, credo, fosse l'obiettivo dei musicisti coinvolti.
Tra lunghe fughe strumentali che ci accompagnano in un viaggio interstellare, tastiere al sapore di LSD, chitarre acide ed aspre come da migliore tradizione norvegese e vocals allucinanti,
"Kosmonument" affascina con le sue traiettorie oblique e destabilizzanti e si lascia ascoltare con viscido piacere, soprattutto se si è mentalmente predisposti a certi trip visionari, seppur non riesca ad essere migliore del disco che lo ha preceduto.
Ora, non vi sto certo dicendo che l'uso di sostanze stupefacenti agevolerebbe l'ascolto di una musica altrimenti abbastanza pesante, soprattutto perchè, si sa, le droghe fanno male, ma vi voglio portare a riflettere sul genere di intrecci sonori che andrete ad ascoltare ed in qualche modo a subire.
Prima di chiudere vi segnalo che nell'album non c'è un vero e proprio brano killer, ma esso va ascoltato nella sua interezza e complessità lasciando che le sue spire psichedeliche vi portino lontano.
Spero riusciate poi a fare ritorno.
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