Ancora ristampe. Una vera e propria epidemia negli ultimi tempi. In questo caso è la volta della A2 Rec. che propone i primi due albums della formazione svedese Million, i quali hanno da poco pubblicato per la label inglese un lavoro nuovo di zecca intitolato “Detonator”. Vista la calda accoglienza della critica al ritorno sulle scene della hard rock melodic band di Goteborg, ci viene offerta la possibilità di riscoprire sia il loro debutto “No.1” (1992) che il suo seguito “We, ourselves & us” (1994).
Diciamo subito che si tratta di due lavori dal differente e non eccelso spessore. Gli esperti internazionali furono molto generosi verso questa formazione fino ad arrivare alla comica apoteosi a colpi di “miglior hard rock band dei nostri tempi” oppure “classici hard rock di ogni tempo”, ed acclamarono il loro esordio che si può collocare nell’orbita degli Europe o dei 220 Volt e gruppi simili. Canzonette carine ed orecchiabili alla ricerca del colpo della vita stile “The final countdown” (che qui non c’è..), cori angelici, suoni pulitissimi ed esili, pedale inchiodato sul mid-tempo sonnacchioso, ritornelli ripetuti fino allo svenimento, brodo di buoni sentimenti ed amore universale che trasuda da ogni nota, e come colpo di grazia le immancabili, inevitabili, insostenibili ballate vergognosamente copiate dagli Scorpions (“Tomorrow”,”I wanna know”), una formazione che ha prodotto durante l’eterna carriera si e no un paio di dignitosi dischi rock ma che ha avuto un’influenza terribilmente deleteria su intere generazioni di musicisti. C’è perfino un misero hammond in “Desperate love”, brano assolutamente anonimo, e se penso ad un gruppo come i 500ft of Pipe che possiedono un mago della tastiera d’annata e languono nel totale anonimato mi viene da piangere. Per la cronaca i brani accettabili di “No.1” sono “90-60-90” (le misure ideali…che tristezza!) e “Winds of change”, ma nell’ambito hard rock questa gente fa sembrare Budgie e Wishbone Ash degli estremisti sonori. Ovviamente questi rockers buoni per le ragazzine vennero osannati da qualche critico bollito ma non vendettero un tubo, per cui nella follia del mercato musicale questo giustificò la realizzazione di un seguito, nato però con alcune novità. I Million, delusi dal non aver incassato qualche miliardo di dollari, cessano di scopiazzare gli Europe e sterzano verso un Aor più corposo. I riffs si fanno incisivi e prendono il sopravvento sugli arrangiamenti stucchevoli, un alito di classic metal ravviva alcune tracce come “Burn in hell”,”Stone cold killer”,”Never again”, facendo intravedere possibili paragoni con Magnum, Dokken, ma più semplicemente facendo il verso ai Kiss. Si può perfino cogliere qualche timido ed embrionale aggancio con lo zuccheroso power metal di maniera, sviluppato poi in tempi recenti sull’ultimo “Detonator”, con una line-up totalmente stravolta che vede il solo Laneby dei membri originari. Un disco più sostanzioso del precedente ma nulla per cui strapparsi i capelli. Non resta che domandarsi l’utilità della presente uscita discografica. Due lavori francamente insignificanti di un gruppo poco conosciuto, nessun capolavoro da riscoprire, nessuna perla imperdibile, in un doppio cd dal costo non indifferente, mi chiedo a chi possano interessare e chi sia disposto a spendere parecchi soldi per un prodotto del genere. La mia opinione è che si stia davvero esagerando nell’imbottire il mercato con una marea di ristampe non necessarie che intasano soltanto gli scaffali dei negozi insieme alle vagonate di nuove schifezze pubblicate ad ogni istante. Prodotto inutile.
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