Gli Alternative Allstars vengono descritti in sede promozionale come paladini della purezza rock, una band agli antipodi delle megaproduzioni laccate e plasticose tanto in voga oggigiorno, fautori di uno stile che affonda le radici nel glorioso passato ma si sviluppa in ottica contemporanea, animati da un feeling ruvido e spontaneo, genuinamente live, che emana aromi di sudore e lampi di energia elettrica.
Tante belle cose, che si traducono però in un dischetto di mediocre pop-rock allegrotto e spensierato ma privo di spunti vincenti.
La mente dietro a questo progetto, Claus Grabke, risulta essere un grande campione Germanico di skateboard, più volte vincitore di titoli nazionali e continentali nonché personaggio attivo e popolare in ambito sportivo a vari livelli. Evidentemente con questo gruppo ha voluto dare una colonna sonora al suo concetto di stile di vita: una musica leggera, orecchiabile, solare ed innoqua, con qualche ambizione radiofonica negli episodi più scanzonati e poppeggianti come il singolo “Rubberball”.
Prodotto pensato per adolescenti disimpegnati e distratti, che utilizzano la musica come sottofondo per le passeggiate in auto o come suoneria telefonica, dove la famosa purezza rock si esaurisce nelle tenui e scontate linee glam della title-track o nei toni un poco più accesi di “I’m free”, palesemente ispirata ai Nirvana.
Il resto sono esili canzonette che passano inosservate, graziose all’ascolto ma istantaneamente dimenticate.
E’ giusto che vi sia spazio anche per formazioni che propongono un rock di facile consumo, ma occorre che vi sia sostanza, freschezza, brillantezza.
Tutto quello che negli Alternative Allstars non ho trovato.
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