Puntuale come le tasse, dopo 2 anni dall'ottimo "Mentalize" ecco tornare alla ribalta il buon
Andre Matos, celeberrimo e prezzemolino vocalist brasiliano, ai più conosciuto come ex (e rimpianto) cantante di Viper e Angra in primis. Riuscirà questo "
The Turn of the Lights" a mantenersi sui livelli dei due dischi che lo precedono nella discografia solista dell'ugola carioca?
Come avrete già sicuramente notato dal voto in calce, la risposta è assolutamente si. Se "Mentalize" era la conferma della bontà del progetto solista di Matos, iniziato nel 2008 con il profetico "Time to be Free" e coinciso con la sua dipartita dagli Sha(a)man, questo nuovo disco è la prova del 9, riprendendo quanto di buono fatto in precedenza e "arieggiandolo", con melodie fresche e linee vocali di sicuro interesse, pur nella loro semplicità. Ne è un lampante esempio la bellissima "
Stop!", che nei suoi 5 minuti e spiccioli mantiene altissima la soglia dell'attenzione, risultando variegata e altamente piacevole, con la prestazione di Andre che torna ad essere di ottimo livello, dopo qualche episodio di calo, evidenziato parzialmente nella sua prova dietro al microfono coi Symfonia, francamente non esaltante seppur sopra la media.
La ritrovata (si spera anche dal vivo) verve canora di Matos è palese anche proseguendo nell'ascolto del disco, sia nella due ballad "
Gaza" e "
Sometimes", sia nella bella title-track, che assieme alle iniziali "
Liberty" e "
Course of Life" da il la in maniera energica a un disco globalmente molto valido, energia e trasporto che diventano fondamentali ad esempio nella centrale "
Oversoul", che ci riporta diretta ai bei tempi di "Angels Cry".
Forse giusto le ultime 2-3 tracce corrono il rischio di scadere nel ripetitivo, ma è un ripetitivo che riesce a mantenersi dannatamente gradevole e catchy, che non esalta ma nemmeno annoia, cosa che ad esempio i Symfonia facevano a più riprese.
In conclusione possiamo dire che Andre Matos ci ha regalato con questo "
The Turn of the Lights" un altro buonissimo disco, certo forse non imprescindibile all'interno della sua ricchissima discografia ma decisamente godibile e di pari livello, se non leggermente superiore, con i due solisti precedenti. Con la speranza di rivederlo (in forma) anche dal vivo, al più presto.
Quoth the Raven, Nevermore..
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