Complesso. Maturo. Ambizioso. Questi sono solo alcuni dei termini che userei per definire quest'ultima fatica degli
Stone Sour. Sarò subito chiaro, il precedente
Audio Secrecy mi aveva lasciato davvero molto amaro in bocca. Non tanto perchè il ritmo dell'album non riusciva ad essere costante e aveva dei veri e propri "buchi" e cali di interesse da parte dell'ascoltatore, ma perchè intravedevo un qualcosa che non riusciva a concretizzarsi. Tutto ciò fino a
The House Of Gold And Bone PT.1. Questa prima parte di quello che è un concept che si articolerà in due parti, e che vedrà la sua conclusione nel 2013, mi ha finalmente fatto comprendere cos'era quel senso di incompiutezza che avevo percepito in
Audio Secrecy. Con un sound a dir poco limato e tagliente come la punta di una lancia, ma allo stesso tempo massiccio e pieno come un rullocompressore, finalmente la band riesce ad esprimere tutta una pienezza di emozioni complesse, che trovano il loro culmine nei testi. Da menzionare un cambio di lineup nelle file della band :
Shawn Economaki lascia, e in studio la band viene affiancata da
Rachel Bolan degli
Skid Row. La prima parte di
The house of gold and bones pt.1 suona davvero convincente sin dal primo ascolto. La opening track (e primo singolo estratto dall'album)
Gone Sovereign, lascia intuire da subito che non sarà una passeggiata e che il ritmo è bello sostenuto, con un
Corey Taylor decisamente in forma ed estremamente a suo agio nel condurre l'ascoltatore in questo viaggio, per il primo concept album della sua band. Il ritmo dei pezzi non accenna a diminuire, fino a che il ritornello di
A Rumor Of Skin non si insidia nelle nostre orecchie, coadiuvato da una sezione ritmica intricata e martellante. Di certo il lavoro di
David Bottrill (
Tool,
Muse,
Staind) ai
Sound Farm Studios, non ha potuto che donare corpo al quarto lavoro della band (quinto, se contiamo anche
Click Here To Exit inciso sotto il monicker di
Super Ego). L'album prosegue con un pezzo abbastanza introspettivo e spezzaritmo,
The Travellers Part1, che fa da intro a
Tired, a mio avviso uno dei pezzi più azzeccati dell'album. Decisa sterzata di ritmo col brano
Taciturn, in cui tutto diventa più plumbeo ed introspettivo, per poi lasciar intravedere un briciolo di luce nel finale. A concludere ci sono la bellissima
The Travellers Part2 e la muscolosa
Last Of The Real. Questa ultima fatica della band statunitense suona dannatamente bene e mi ha convinto appieno, con un
Roy Mayorga scatenato dietro le pelli, un
James Root particolarmente ispirato e un
Corey Taylor che come vocalist mi fa emozionare ancora come la prima volta che l'ho sentito. Gli
Stone Sour hanno mosso parecchi passi dai primi lavori. Passi che forse li hanno condotti in una direzione differente da quella degli inizi..ma che senza snaturare la loro quintessenza, hanno fatto venire alla luce un album complesso, maturo e ambizioso, ma che sin dal primo ascolto risulta subito "nostro". Forse è proprio questo il posto giusto per questi ragazzi..In domus de aurum et ossium.