Quarto album per i
Fortid e primo dopo la trilogia Völuspá, ovvero "La Profezia della Veggente", cioè il primo poema dell'Edda poetica, in cui si racconta della creazione del mondo e della sua futura fine.
Pagan Prophecies arriva dopo la fine del mondo ma continua a parlarci di profezie. Rispetto a prima, pare che Einar "Eldur" Thorberg, one man tutto fare, abbia stabilizzato la line up e gli altri musicisti non siano più solo dei session. Anche lo stile si è modificato, rimanendo in equilibrio fra brutalità e melodia ma accentuando i richiami al black norvegese della prima ora, con una diminuzione delle parti più epic folk. Si passa spesso dal black melodico a ritmiche tipicamente thrash, inframmezzando voci pulite e momenti malinconici. I miei due pezzi preferiti sono:
Lesser Sons of Greater Fathers, la traccia più melodica e folk dell'album, e
Sun Turns Black, epica, con cori e cantato davvero suggestivi. Nel resto dei brani si fanno sentire i richiami al black metal norvegese, come nella title track, che parte in quarta con blast beats intrecciati a melodie chitarristiche e tappeti di tastiere, o nei mid tempos di
Spirith of the North, pezzo atmosferico, arricchito dal pianoforte, da fraseggi acustici e cori. Curioso l'outro
Endalok, un breve strumentale che sfuma con il rumore di pioggia e tuoni... rumore che, inaspettatamente, continua per quasi dieci minuti. Album piacevole e di facile ascolto, che respira e vive le atmosfere e la storia delle terre del Nord.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?