La band francese capitanata dal cantante/chitarrista
Guido Saint Roch, giunge con questo nuovo “
To Endotaton” al terzo lavoro sulla lunga distanza, oltre a ep, split e partecipazioni a varie compilation. Dal debutto “
T.R.I.A.D.E.” uscito nel 2008 gli
Ysengrin non si sono mai fermati, sfornando almeno un'uscita discografica all'anno. Tale prolificità ha potuto permettere al gruppo di arrivare in tempi relativamente brevi ad un lavoro dalla struttura sicuramente coraggiosa e dall'assimilazione piuttosto ostica: un album formato da
un'unica lunga traccia di 40 minuti. Un'idea certamente non innovativa, molte altre band si sono cimentate in passato nella composizione di dischi “mono-traccia”, ma sicuramente meritosa di rispetto.
Definiscono il loro genere “
Hermetic Dark Metal”, descrizione abbastanza fedele alla proposta. Scendendo più nel dettaglio, abbiamo a che fare con un
black/death metal dai forti accenti
doom di scuola
Sabbathiana, con qualche vago accenno al
progressive. La produzione non è scarsa, ma volutamente vecchia, sembra registrato all'inizio degli anni 90, con le prime esplorazioni al di fuori dei canoni del Death metal, ricordando, seppur vagamente, i primi lavori degli
Amorphis e dei
Tiamat. La voce, un growl riverberatissimo e profondo, si alterna a passaggi parlati con un risultato davvero ottimo. Inserti di organo e tastiere spostano geograficamente le influenze della band verso la
scuola ellenica e italica, di stampo più esoterico e orrorifico, in linea con il concept dell'album: infatti tra le influenze che vengono citate nella bio sul sito dell'etichetta vi sono i Nostri
Death SS e
Mortuary Drape a cui io aggiungere i primi
Nightfall.
Il problema in questi casi è che esperimenti del genere necessitano, a parere del sottoscritto, di un filo conduttore oltre che concettuale anche, e soprattutto, musicale. Alcuni passaggi risultano essere troppo slegati l'uno dall'altro, cosa che invece non avviene quando intervengono le tastiere nelle parti più atmosferiche o nei pochi ma ottimi fraseggi di chitarra acustica. Non abbiamo a che fare con chissà che trame musicali, tutto in questo lavoro risulta essere molto
datato, ma credo sia un aspetto artistico voluto, perciò da prendere per buono come parte dell'opera stessa.
Tutto sommato non è un disco da stroncare, tutt'altro. Passaggi godibili ce ne sono, specialmente nella seconda parte, più varia rispetto alla prima, segno che le idee non mancano affatto. Probabile anche che faccia la gioia dei più nostalgici, visto l'aspetto per certi versi
old school. Resta comunque un lavoro che avrebbe potuto essere sviluppato meglio, interessante, ma nulla più.
Di carne al fuoco ce n'è, spero che con il prossimo lavoro gli
Ysengrin possano sorprendermi con qualcosa di maggiormente audace e convincente, per ora siamo comunque sul binario giusto.
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