Nati nel 2010 e giunti nell'arco di un solo anno alla produzione di un ep autoprodotto (“
A Universal Plague” ripreso per intero all'interno di questo “
Symbiosis”) che li ha portati in tempi brevissimi al debutto con la Metal Blade Records, dimostrazione del fatto che non ci troviamo di fronte a degli sprovveduti. Sin dalle primissime note di questo debutto si possono intuire le intenzioni degli statunitensi
Abiotic:
Brutal Techno Death(core) Metal, diretto e senza un attimo di respiro.
Le tracce che compongono “
Symbiosis” colpiscono l'ascoltatore come una scarica di calci nello stomaco, tanta è la velocità e la violenza investita. Il debutto di questa giovane band sembra avere tutte le carte in regola per essere un ottimo disco: tecnicamente ineccepibile, con una notevole dose di schizofrenia che non guasta mai, estremamente veloce e brutale. Tra
disarmonie e
riff dissonanti a opera della coppia di chitarristi
Johnathan Matos e
Matt Mendez, il
drumming preciso e
furioso di
Andres Hurtado e le divagazioni dal
gusto jazziano ad opera del bassista
Alex Vazquez, l'album si lascia ascoltare anche piuttosto bene.
Emergono però delle ingenuità legate probabilmente alla condizione di debut album. Le soluzioni trovate spesso sono azzeccate, gradevoli anche, ma alquanto prevedibili e alla lunga rischiano di diventare un po' troppo dispersive. Più di una volta ho avuto sensazioni di
deja-vu nell'ascoltare passaggi simili ad altri utilizzati sia all'interno dello stesso “Symbiosis”, che nei lavori dei loro compagni di genere
The Faceless, Veil of Maya, Obscura, fino ai capostipiti
Cynic e
Meshuggah.
Esteticamente un buon album. A livello di contenuti e personalità di lavoro da fare ce n'è ancora molto, anche se il binario è quello giusto e nei prossimi lavori gli
Abiotic potrebbero regalarci delle belle sorprese, ma per ora con questo “
Symbiosis” non mi hanno convinto appieno.
In sintesi: un buon passatempo per gli amanti del genere, quelli che proprio devono avere tutto. Per tutti gli altri, consiglio di andare cercare la propria felicità altrove.
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