Ho la netta impressione che
Rick Springfield, analogamente a quanto accade, per esempio, al favoloso Richard Marx, sia erroneamente “vissuto” da una buona parte dei
musicofili come un esclusivo
articolo da nostalgici degli anni ottanta, adatto probabilmente più a ricordare i “bei vecchi tempi” che non a intrattenere il pubblico radiofonico del terzo millennio.
Fermo restando che non ci sarebbe nulla di male neanche in quel caso (tra l’altro si tratta di un approccio parecchio apprezzato negli ultimi tempi …), se poi a tale attitudine corrisponde una concreta ispirazione, credo che si tratti di una superficiale catalogazione di “comodo”, figlia di una “avventura” artistica che ha avuto il suo culmine di popolarità (ricordiamo anche la sua carriera d’attore …) proprio in quel periodo
aureo, ma che poi, con una minore enfasi mediatica, ha saputo aggiornarsi nel corso degli anni.
Ascoltare, anche solo distrattamente, “Songs for the end of the world”, il nuovo capitolo di una voluminosa discografia, equivale a rendersi conto immediatamente quanto questo esuberante sessantatreenne australiano abbia, pur onorando le sue solide “radici” vocazionali, tutti i mezzi necessari a fare bene anche nelle imperscrutabili pieghe del
mainstream contemporaneo.
Attraverso un ascolto più attento, poi, si potrebbe addirittura rilevare una
verve e una classe compositiva superiore a tante delle
new sensations acclamate dal
business discografico attuale, in chiara difficoltà qualora fosse concessa l’occasione di un confronto aperto e obiettivo.
Insomma, un po’ come già affermato di recente per il succitato Marx, anche qui si combinano alla perfezione l’esperienza da “veterano” e l’intraprendenza (con un gusto espressivo, per esempio, talvolta piuttosto affine a certi Foo Fighters …) di un artista attento pure alle “nuove” tendenze, per un risultato finale capace di soddisfare una porzione ampia e variegata di
rockofili.
L’
opener “Wide awake” appare il migliore esempio di tale constatazione: “tiro” e cadenze da coinvolgimento istantaneo e un
refrain pieno e stratificato, il tutto pilotato dalla voce sempre impeccabile dell’inossidabile Rick.
Chi ancora non fosse convinto può provare con la successiva “Our ship’s sinking” (
backing vocals courtesy of John Waite
and Richard Page dei Mr. Mister …), altra brillante interpolazione tra “storia” e “attualità”, con una melodia che sembra fatta apposta per le radio, e una sensazione simile la si prova pure per la frizzante “I hate myself”, sebbene più adatta, forse, a chi ha qualche “annetto” sulle spalle che non agli imberbi appartenenti all’
mp3 generation.
I romantici di ogni età fremeranno per “You and me” e per la delizia elettro-acustica “Gabriel”, “A sign of life” riporta il disco su sentieri maggiormente spigliati e
poppettosi, mentre tocca a “My last heartbeat” piazzare un altro bel colpo di vibrante energia, conservando la matrice “commerciale” dell’operazione.
“Joshua” ammalia con le armi del sentimento e della disinvoltura, "Love screws me up” combina Huey Lewis, John Mellencamp e lo stesso John Waite, con un ritornello difficile da “non” memorizzare, ma il finale dell’album riserva momenti persino più emozionanti … l’intensità tangibile di “I found you”, il
groove ombroso di “Depravity” e lo scintillante frullato “generazionale” (dai
sixties ai giorni nostri … tra Seger, The Who, Cheap Trick, Springsteen e Peter Gabriel, suonati, però, con la freschezza di un “emergente” …) di “One way street” meritano, oltre che la complicità di ogni appassionato di
rock dotato di un minimo di raziocinio, anche una “visibilità” estesa e capillare, al momento purtroppo ardua da pronosticare, in una scena “maggiore” (e non è una “novità” …) eccessivamente, miope, volubile e concentrata sui
trend.
Poco male, voi che, in quanto
gloriosi lettori di
Metal.it, siete invece interessati a valorizzare il vero talento, acquistate al più presto la vostra copia di “Songs for the end of the world” e godete pienamente di quello che Rick Springfield sa ancora offrire con l’entusiasmo di un ragazzino, allontanando risolutamente l’eventualità di un pensionamento … fermi tutti … allora sta a vedere che la Fornero ha ragione …
ehi, non scherziamo …