Il processo che gli inglesi
Fen hanno iniziato sin dal loro esordio discografico nel 2007 è abbastanza chiaro: prendere il black metal, eliminarne le componenti oscure e maligne e plasmare una nuova materia sonora che fosse eterea, sognante e difficilmente catalogabile.
"Dustwalker", il quarto lavoro del gruppo, è un ulteriore tassello in questa operazione che se vogliamo è paradossale.
Non credo sia possibile, infatti, parlare di black metal quando se ne attenuano le gelide spire che invece sono la colonna portante del genere stesso.
I
Fen, voglio che sia chiaro, non suonano black metal. Non oggi ormai.
La loro proposta è qualcosa di "post". Mettete il termine davanti al genere che preferite e andrà bene lo stesso.
Se non vi è chiaro quello che ascolterete nell'album, immaginate la lezione impartita dagli
Agalloch, prima fonte di ispirazione del trio, unitela con le fughe strumentali quasi psichedeliche del post rock, aggiungeteci suggestioni che spaziano dai
Voivod di
"Angel Rat" (
"Wolf Sun")fino al rock suadente dei
Porcupine Tree, frullate tutto con l'attaccamento del gruppo alla sua terra di origine ed in particolare alla regione dei "fens" ed otterrete una visione di insieme di
"Dustwalker".
Siamo al cospetto, per quanto vi ho appena detto, di un disco non facile che ha dunque bisogno di molti ascolti per essere assaporato e capito, siamo cioè di fronte ad una proposta molto eterogenea che sarà in grado di accontentare, ma per lo stesso motivo di scontentare, un bacino di utenza molto ampio.
Certo, non tutti i brani, mediamente molto lunghi, sono sullo stesso livello di qualità: la prima parte dell'album è certamente la migliore e brani come
"Consequence",
"Hands of Dust" e soprattutto la bellissima
"Spectre", sono gioielli di arrangiamenti, atmosfere dolci e aspre al tempo stesso, e testimonianza di un talento cristallino nel saper comporre una musica nella quale tutte le componenti del suono dei
Fen sono amalgamate alla perfezione. Del resto per passare da momenti malinconici e uggiosi a dilatate aperture rock rimanendo comunque un gruppo che affonda le sue radici nel metallo nero, occorre quel qualcosa in più che tanti gruppi non hanno.
Peccato che gli ultimi brani risultino meno convincenti ed inutilmente prolissi, quasi che i nostri non sapessero come raggiungere il loro obiettivo, e ci impediscano, dunque, di classificare
"Dustwalker" come capolavoro.
Tuttavia resta la magia di una musica che non ha confini spazio/temporali e che sa accarezzare e graffiare come poche.
Sono inoltre convinto che il meglio debba ancora arrivare: staremo a vedere.