Rivelazioni a supporto dell’
indagine, tratte dal suo
dossier di presentazione:
“Addicted to decadence” è stato registrato a Göteborg nello studio di Arnold Lindberg (In Flames, Hardcore Superstar, Europe) e alla sua realizzazione hanno contribuito i “buoni consigli” di Johnny Lee Michaels (storico produttore dei 69 Eyes), amico e mentore dei
Naughty Whisper.
Difficile, con
indizi del genere non “addebitare” al nuovo lavoro dei milanesi un tipico condizionamento da
gothic-glam metal di derivazione scandinava, anche perché bastano effettivamente poche note del Cd per avere un’immediata conferma di tale notifica, arrivando a definire essenzialmente l’intera sensazione uditiva proprio come un’interpolazione Hardcore Superstar / 69 Eyes, aggiungendo alle suggestioni una dose significativa di Poisonblack e magari pure un pizzico di Deathstars.
Anche in palese presenza di tali importanti numi tutelari, però, non mi sento di “imputare” i nostri d’imbelle “appropriazione indebita”; la loro musica attuale (in passato, a quanto pare, era invece maggiormente legata prima ad un concetto più “tradizionale” di
glam-metal e poi ad un
sound psicotico alla Murderdolls … roba che non ha mancato di lasciare qualche scoria …) si nutre di tali influssi senza sfruttarli in maniera inerte e riesce spesso a conferire, con un’adeguata dose di acume compositivo, un giusto equilibrio tra “appartenenza” (di genere) e vitalità interpretativa.
Il problema di “Addicted to decadence” è, però, quello di non riuscire a mantenere costantemente coerenti, variegati e seducenti i suoi tentativi di “distinzione”, finendo per apparire veramente convincente solo in “Welcome to my nightmare” (a proposito, mi sa tanto che il buon “vecchio” zio Alice ha rappresentato un ruolo importante nel percorso formativo di Andy Star), “My own demise” (un interessante episodio
goth screziato di
thrash-core), “Eternal demon”, "Venom in me” e nella decadenza
radio-friendly di “Borderline”, mentre altrove il processo di “maturazione”, pur sulla strada giusta, non sembra ancora del tutto completato.
La
cover dei Cutting Crew, “(I just) Died in your arms”, posta in conclusione dell’albo, è un’ulteriore prova di discreto gusto e d’intraprendenza da aggiungere ai termini dell’
investigazione, da concludere parlando di un “classico caso” di gruppo già abbastanza interessante, ma dalle prospettive artistiche ben più imponenti, qualora certe esigue sfocature e talune staticità espressive venissero definitivamente abrogate dal quadro sonoro complessivo.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?