"Ma che bella ventata di freschezza!"No, non ho lasciato la finestra aperta il 13 Dicembre, giuro. E non ho nemmeno pranzato a fagioli. E' semplicemente il primo pensiero che mi è saltato in mente al termine del primo giro nello stereo di "
High Frequency", omonimo debutto della band marchigiana
High Frequency.
Marchigiani che con poco più di due anni di esperienza sulle spalle si mettono in mostra al grande pubblico con un album decisamente solido e maturo, tanto da "non sembrare nemmeno italiani". Questo non vuole essere un j'accuse verso il Belpaese e ci mancherebbe, ma solo un'osservazione volta a sottolineare che un tipo di musica del genere, hard rock con una abbondante dose di grunge, è tipicamente d'oltreoceano e gli High Frequency riescono con il loro disco a suonare dannatamente interessanti e credibili.
I 4 ragazzi citano Foo Fighters e Nickelback come principali influenze, ma in tutta onestà dei secondi ci sento davvero poco nella loro musica, molto più rock-oriented rispetto a quella dei canadesi, mentre l'impronta dei primi è nettissima, in particolare nelle canzoni più ritmate e "allegre", quali ad esempio l'ottima "
The Magical Mystery Love", forse la traccia più rappresentativa del disco.
Personalmente su "High Frequency" ritrovo molto più dei Pearl Jam che dei gruppi sopracitati, sia per la più o meno sottile sfumatura grunge pressoché onnipresente in ogni canzone sia per la bellissima ed emozionale voce dell'ottimo
Luca di Vincenzo (anche discreto batterista della band, cosa piuttosto inusuale), davvero molto simile come timbro e tecnica a quella del buon Eddie Vedder. Basta dare un ascolto a "
Sunny Rain", traccia centrale del disco, per rendersi conto di quello che vado dicendo: mi dicessero che è una ghost-track di "Ten" non faticherei a crederlo.
E le altre tracce si mantengono tutte sullo stesso livello di bontà, andando dalla classica ballatona "
The Last Train to Freedom" (questa si molto Foo Fighteriana) a una
"Believe in Your Head" o una "
Revenge" molto più pestate, dove possiamo apprezzare anche il lato più "hard" dei marchigiani, supportato e alimentato dal basso di
Marco Grilli e dalle due chitarre di
Marco Pierdomenico e
Giammario Angelini, armi decisamente da sfruttare perchè buon connubio di tecnica e buon gusto, caratteristica non da poco.
L'ultimo pregio degli High Frequency, uno di quelli che ho sicuramente più apprezzato, è la voglia di non strafare, proponendo un disco quadrato e compatto, dalla durata non eccessiva, caratteristiche fondamentali per risultare godibili, intriganti e non banali.
Un plauso va quindi a questi giovani ragazzi marchigiani, che in un mercato rock italiano così saturo di spazzatura riescono a sfornare un disco godibilissimo e di gran qualità, da ascoltare tutto d'un fiato. Non preoccupatevi di aprire la finestra: la freschezza ce la mettono gli
High Frequency.
Quoth the Raven, Nevermore..
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?