“There’s no other place like this..you are welcome to the Rabbits’ Hill!”Recita così il ritornello della canzone che da il titolo al nuovo album dei
Trick or Treat. Ed è un benvenuto sincero quello che i 5 modenesi ci riservano, accogliendoci a braccia aperte tra le note del loro terzo disco,
“Rabbits’ Hill Part 1”, disco che segna un punto di svolta nella loro carriera. Si perché se il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista [cit.], il terzo album è quello della conferma definitiva, della maturità. O dello sfacelo.
Beh una cosa ve la posso dire fin da subito: “sfacelo” e “Trick or Treat” sono due termini lontani anni luce, assolutamente antitetici. Questo nuovo disco è infatti il giusto completamento (anche se in realtà è solo la prima parte) di un percorso artistico, musicale e personale fatto di tanti anni di gavetta e di due album solidissimi come “Evil Needs Candy Too” e “Tin Soldiers”, step fondamentale nel viaggio verso il grande mondo della musica, o meglio, verso la musica dei grandi.
Si perché con “Rabbits’ Hill Part 1” i Trick or Treat entrano di diritto tra i grandi, peraltro dalla porta principale. Se “Evil Needs Candy Too” è stata la pre-adolescenza e “Tin Soldiers” ha rappresentato invece l’adolescenza, il nuovo disco è la chiave di volta per il mondo degli adulti, il tutto musicalmente parlando s’intende. Ed è quasi paradossale che per entrare in questo mondo i Tricks abbiano scelto di realizzare un concept album basato su un libro per bambini, che poi libro per bambini realmente non è: “La Collina dei Conigli”, o “Watership Down” per gli anglofoni, è un libro di Richard Adams del 1972 che racconta le dis-avventure di un gruppo di conigli che per sfuggire all’indole distruttiva dell’uomo cerca rifugio nell’Hampshire, alla ricerca di un luogo dove ricostruire una nuova conigliera. Lo troveranno proprio nella Collina dei Conigli ma..è tempo di parlare di musica.
Il disco inizia con un’intro narrata a due voci (quelle di
Sonia Piacentini e
Fabio Dessi degli Arthemis), “
Dawn Of Times”, che come il titolo lascia intuire racconta dell’alba dei tempi, in cui Fritz, personificazione del Sole e divinità creatrice per il popolo dei conigli, punisce El-Ahrairah per la sua superbia e “dona” a tutti gli altri animali l’istinto di cacciare i conigli. Mosso da pietà donerà ai conigli grande velocità, abilità nello scavare buche e un ottimo udito. Tutti questi nemici naturali portano El-Ahrairah ad essere suo malgrado il Principe dai Mille Nemici, traduzione letterale del suo nome lapino (il lapino è la lingua dei conigli). Ed è proprio “
Prince With a Thousand Enemies” la prima canzone vera del disco, e fin da subito riusciamo a percepire nella musica dei Trick or Treat un cambiamento abbastanza tangibile: l’animo giocoso e scherzoso di chiaro e ovvio retaggio helloweeniano è sempre presente e scorre forte nelle vene dei modenesi, ma ha lasciato non poco spazio ad una personalità decisamente più seriosa, più matura, per usare un termine di cui so già abuserò in questa recensione, cosa che se da un lato può lasciare un po’ spiazzati, dall’altro non può che strappare un applauso, un inchino, una riverenza. Si perché questi nuovi
Trick or Treat sono praticamente perfetti, riuscendo a fondere due anime così differenti ma assolutamente complementari, in un connubio di ossimorica austera allegria da far accapponare la pelle, ovviamente nell’accezione più positiva del termine.
A tutto questo ben di dio aggiungiamo una preparazione tecnica che rasenta l’eccellenza per ognuno dei membri della band:
Luca Cabri e
Guido Benedetti sono due chitarristi grandiosi, riconoscibilissimi nel loro personale stile e capaci di intessere fantastiche melodie e produrre assoli al fulmicotone;
Leone Villani Conti è “semplicemente” un bassista pazzesco, senza dubbio uno dei migliori a livello mondiale, capace di “farsi sentire” nei pezzi e di dare un’impronta netta alle parti soliste che gli vengono giustamente affidate;
Luca Setti alla batteria è il nuovo che avanza, dal 2011 sostituisce il validissimo Mirko Virdis e su questo disco abbiamo la prova definitiva che la scelta è stata azzeccatissima, risultando un ottimo compagno di sezione ritmica per Leone e in generale un eccellente batterista; ultimo ma non meno importante è il personaggio che sta dietro il microfono,
Alessandro Conti, a parere di chi scrive il miglior cantante metal attualmente in attività, che si scrolla di dosso il pesante fardello di emulo di Michael Kiske e dimostra di saper perfettamente camminare sulle sue gambe, spazzando via qualsiasi possibile dubbio nei suoi confronti, sfoderando anche su questo disco una prestazione sublime, superlativa, fantastica, unica, [aggiungete un aggettivo positivo a caso, va sicuramente bene]. Senza dimenticare, tra l’altro, Saverio Verrascina che in sede live offre i suoi preziosi servigi alle tastiere.
Ma eravamo rimasti a “Prince With a Thousand Enemies”, seconda traccia del disco, dove troviamo subito un ospite di assoluto livello, quell’André Matos tanto amato per la sua permanenza nei Viper e negli Angra e graditissima sorpresa. Il suo duetto con Alle è da brividi, dimostrando come gli anni passino ma il talento, quello vero, resti ben saldo. E dopo aver parlato di El-Ahrairah, la vera avventura dei nostri conigli a questo punto ha inizio con “
Spring in the Warren”, canzone ariosa e in grado di descrivere in note l’atmosfera di calma che si respira nella conigliera di Sandleford, la casa dei nostri protagonisti. A rovinare tutto arriva però la premonizione di Quintilio, un giovane coniglio che vede nel futuro la fine della conigliera, distrutta dagli umani: “
Premonition” racconta della sua visione di campi insanguinati in toni cupi, premonizione a cui però non viene dato peso dal capo della conigliera. Quintilio e il fratello Moscardo, assieme a un manipolo di altri conigli, decide quindi di fuggire da Sandleford, affrontando pericoli e disavventure. E’ a questo punto che a corollario della storia interviene “
Wrong Turn”, sicuramente la canzone più oscura e “cattiva” mai scritta dai Trick or Treat, fulgido esempio di quello che il nuovo corso della band può produrre a livello musicale, con un Leone assolutamente sugli scudi. Per me, miglior canzone del disco.
I conigli intanto arrivano nella conigliera di Primula Gialla, all’apparenza un paradiso ma in realtà un vero inferno di trappole e “
False Paradise” è il titolo perfetto per rappresentare la situazione, titolo di una canzone dalle due facce, inizialmente di un’allegria contagiosa salvo trasformarsi anche musicalmente da paradiso a inferno. Clima infernale che continua anche nella seguente
“Between Anger and Tears”, nella quale la rabbia e le lacrime sgorgano copiose perché “oggi un amico ha cessato di correre”. Il viaggio verso la Collina dei Conigli è insidioso, ma giunge finalmente a termine:
“Rabbits’ Hill” è una canzone meravigliosa, degno compendio dell’album omonimo, ricca di mille sfumature tipiche del sound dei Trick or Treat, dove ogni membro della band ha il suo spazio con un breve assolo e dove la voce di Alle raggiunge vette altissime, non solo a livello di range.
E’ tempo di storie e Dente di Leone ci racconta quella di Rowsby Woof, un cane nero e crudele che ha dovuto fare i conti in passato col Principe El-Ahrairah. E su “
The Tale of Rowsby Woof” troviamo un’altra piacevole sorpresa nelle vesti di
Maurizio Cardullo dei Folkstone, che ci accompagna con la sua cornamusa nella canzone dallo spirito più folk del disco. E sulla Collina dei Conigli c’è tempo anche per i giochi e il “
Sassospasso” è quello più in voga tra i leporidi, che tradotto in musica significa un paio di minuti in cui i Tricks, magistralmente guidati da Leone (stavolta non Dente ma Villani Conti), si buttano in una strumentale tecnicamente ineccepibile, che riesce a strappare ben più di un sorriso.
“
I’ll Come Back for You” risulta forse la canzone meno incisiva del lotto, perlomeno per il sottoscritto, ma ha il pregio di fare da apertura alla splendida ballad conclusiva “
Bright Eyes”, cover dell’originale brano cantato da Art Garfunkel e realizzato per la versione animata del libro, nella quale possiamo apprezzare per l’ennesima volta le qualità vocali di Alle. Emozione allo stato puro, allo stato dell’Arte.
Concludono il disco due bonus track dell’edizione giapponese (fortunatamente in mio possesso), la bella strumentale “
Hampshire Landscape” e la versione di “
Prince With a Thousand Enemies” con il solo André Matos alla voce, due chicche di cui è davvero difficile fare a meno.
L’ho detto ampiamente e lo ribadisco in chiusura: con “
Rabbits’ Hill Part 1” i
Trick or Treat smettono di essere una splendida promessa del Power Metal e diventano con tutti i crismi del caso una meravigliosa realtà, mi correggo, LA realtà italiana del genere. Non me ne vogliano tutti gli altri, ma attualmente non esiste in Italia un gruppo completo e del livello qualitativo dei Tricks, così come difficilmente lo troverete nel resto del mondo. Sempre se dopo aver ascoltato “Rabbits’ Hill Part 1” sentirete ancora il bisogno di cercarlo.
Quoth the Raven, Nevermore..