Sono ormai prossimi a festeggiare i venti anni d'attività, ma prima gli
Adorned Brood danno alle stampe il loro ottavo album, "Kuningaz", che li vede procedere tra le pieghe del Viking e Folk Metal, al quale si approcciano con una certa personalità: un po' di Thrash, una ventata di Black, una discreta base folkeggiante ed un pizzico abbondante di Power, che non guasta mai.
I momenti migliori mi sembrano comunque essere quelli in cui gli Adorned Brood tendono ad atteggiarsi a dei novelli Kreator che all'
Oktoberfest si fanno qualche birretta in più con gli Eluveitie. E' il caso, ad esempio, della titletrack (pur con l'inaspettata apparizione di pianoforte e di violino) o di una "Victory or Valhall" stemperata da un chorus più vicino ai Grave Digger che alla
creatura di Mille Petrozza.
Intervallata da diversi brevi momenti strumentali, nella tracklist finisce così con l'essercene un po' per tutti i gusti; ecco, infatti, "Call of the Wild" a richiamare Turisas ed Ensiferum, oppure l'incipit spiccatamente Black di una "Kreuzeslast" che pur nel richiamare gli In Extremo più virulenti, si apre a soluzioni prossime al Death Metal. Anche se la mia preferita resta poi la conclusiva "We Are Legion", sia per il suo titolo sia - sopratutto - per essere la canzone che meglio incarna l'intero spettro musicale attraverso il quale operano gli Adorned Brood.
Un album discreto, per una band che senza strafare ha saputo compiere un bel passo in avanti rispetto a quanto avevo potuto ascoltare in occasione di "Asgard", uscito nel 2000 e ristampato solo un paio d'anni fa.
Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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