Dischi esclusivamente strumentali. Dischi da
guitar-heroes.
Una “roba” che può
spaventare se non si è maniaci dello strumento, soprattutto se si è vissuta in “prima persona” l’epopea della Shrapnel Records
& C. e la relativa
sfibrante saturazione, o se s’immagina che tutti i propugnatori del genere siano infaticabili
onanisti delle sei corde in debito di fantasia (
gente tipo Joe Stump, per fare un nome ...).
Come ben sanno gli appassionati
generalisti del settore, trovare prodotti “commestibili” anche per i loro palati “profani” non è semplicissimo, mentre ancora più difficile è reperire materiale sonoro che sappia soddisfare contemporaneamente i fanatici della tecnica e i sostenitori della
mitica “forma canzone”, in cui costrutto e trame melodiche siano in grado di scatenare manifestazioni importanti di condivisione emotiva.
Chi conosce la “storia” di
Gianluca Galli, la sua militanza in Mantra, Time Machine e nei recenti Silver Horses e magari ha pure già apprezzato i suoi due precedenti lavori solisti, ha, però, a sua disposizione una mole di attestazioni certamente utili a rassicurarlo … con presupposti così, “Evolution revolution” non poteva
proprio essere una sterile forma di celebrazione
auto-indulgente, nonostante la preparazione inattaccabile.
Ebbene, a beneficio anche di quegli
imbelli che ignorano le qualità del nostro Gianluca, diciamo subito che il suo terzo album “personale” è un’ulteriore conferma della sua lucidità e creatività artistica, un esempio piuttosto fulgido di scrittura ed esecuzione incisiva e intelligente, in cui “corpo” e “anima” si fondono senza soluzione di continuità.
Supportato da un manipolo di celebri
valorosi del calibro di Ricardo Confessori, Tony Franklin, Frank Gambale e Alex Masi, senza dimenticare i
sodali Andrea Castelli e Andrea “Ace” Bartolini, Galli mostra lungo tutta la
track-list la notevole misura del suo talento, mescendo dosi sempre adeguate di fantasia, sensibilità,
groove e dinamismo, riuscendo nell’impresa di non far “subire” all’astante tale impressionante esibizione e rendendolo “partecipe” di un viaggio in note ricco, variegato, affascinante e intenso.
Tra
hard-blues intraprendenti e cangianti ("No exceptions”, “The walking man", "Ordinary miracle”, l’eccezionale impatto sensoriale di "The guardians”, con il terremotante il basso di Franklin, e ancora la potente e conturbante "End of days” e il
proto-stoner “The dark side”), dimostrazioni di estrosa tempra sonica (“Countdown to extinction”), strutture armoniche disinvolte e catalizzanti ("Will no faith”), vibranti suggestioni di “espressionismo cantabile” ("Sacrifice” e la favolosa “Old sun for a new tomorrow”, dove l’arte di Page sembra congiungersi
idealmente con quella di Satriani …) ed evocative dissertazioni acustiche (la breve “Abun D’Bashmaya”), “Evolution revolution” scandaglia le innumerevoli possibilità tecniche ed espressive degli strumenti musicali, facendoti
quasi dimenticare che ne manca uno assai importante e determinante a livello comunicativo, la voce … e per quanto mi riguarda, questo è un grandissimo risultato.