Schiacciati dal peso commerciale dei Marillion negli anni '80, sopravvissuti malgrado la temporanea uscita di un frontman come Nicholls (degnamente rimpiazzato da Paul Menel in due lavori troppo sottovalutati, lo splendido "Nomzamo" ed il più commerciale "Are you sitting comfortably?", (quest'ultimo prodotto da Terry Brown e tornati alla grande negli anni '90 con due "caproglavori" che li hanno meritatamente portati al vertice delle new prog bands ("Ever" e "Subterranea", il "The lamb lies down on broadway" dell'era new prog), tutto questo senza mai costringere i propri fans ad acquisti con pagamento anticipato o ridicole uscite di cd single nelle più
disparate versioni (vero, Marillion?), e ora la band inglese ci consegna ancora un altra pietra miliare nel new prog, un disco che li riporta alle sonorità oscure, nostalgiche ed intense del periodo "Tales from the lush attic" e "The wake", non dimenticando le incursioni nel sound più recente ("Ever", "7th house"), tralasciando la loro parte più "happy" e commerciale che era riuscita a venir fuori in brani passati ("Out of nowhere", "Drive on", "Sold on you", "Shooting angels"). E' Martin Orford il "primattore" di "Dark Matter", colui che marchia subito l'inconfondibile sound IQ con l'opener "Sacred sound", introdotta con un tappeto atmosferico in stile "Widows peak" (The wake) che si trasforma in un keyboard riff intenso e martellante subito di facile presa, la voce di Nicholls è come sempre pura e cristallina, in splendida forma (penso sia l'unico cantante cui non necessiti leggere i testi per capire quello che dice), sono 10 minuti che scorrono via piacevoli, intensi e "progressivi", nel finale ancora un colpo di genio di Orford con un organo da cattedrale (sospeso tra Genesis e Yes) che supporta la prova intensa ed emozionale di Nicholls, poi via libera al drumming potente di Cook e al guitar solo di Holmes, un perfetto incrocio tra Hackett, Latimer (Camel) e David Gilmour, degno finale ad un brano che da solo vale già tutti i soldi spesi. "Red dust shadow" ha un inizio lento, acustico ed atmosferico (tastiere quasi impercettibili), poi il tutto grava sulla chitarra di Holmes, è un brano che ci rimanda agli IQ più moderni e melodici, senza troppi cambi di tempo, nel finale ancora il magnifico Orford ci regala un breve ma splendido attimo di magia, "You never will" parte con il basso martellante di Jowitt (uno dei bassisti più sottovalutati in campo prog),anche qui il sound è più moderno ("7th house" e anche qualcosa di "Subterranea"), c'è ancora un keybord solo centrale di Orford che lascia poi spazio ad Holmes (e qui si sente il classico in confondibile marchio IQ), c'è molta melodia ed il refrain è di quelli che si ricordano subito, "Born brilliant" all'inizio ricorda "Subterranea" e "The wake", col basso molto presente, tappeto di tastiere in
sottofondo e cantato di Peter filtrato, il ritmo è molto cupo e quasi ipnotico, ed i testi non sono certo di quelli più ottimistici (I'm cold and unapproachable, selfish and insensitive, rotten to the core, stupid, inarticulate, my good contributions are counted on the fingers of one hand), è forse il brano più "IQ" come testi e musica,nel finale ampio spazio alla parte strumentale con Jowitt in cattedra e gli altri a ruota, poi solo Orford a chiudere il tutto. Se tutto questo "ben di prog" non vi fosse bastato, ecco arrivare la suite da 25 minuti, e chi se non la più grande new prog band può cimentarsi in brani di tale durata senza incappare nelle solite trappole tipo i cambi di tempo forzati o i momenti di noia (non parlatemi per favore dei Flower Kings, quelli sono maestri solo ad allungare il brodo con cazzeggiamenti strumentali mettendo dentro fusion, jazz e quant'altro senza un minimo di riguardo per chi ascolta)? "Harvest of souls" parte molto lenta e quasi acustica in stile "Common ground" (Nomzamo), con richiami anche ad "Ever"e "7th house", si arriva "gentilmente" ad un cambio di tempo aperto da un magnifico Holmes e la voce di Nicholls che incanta sempre di più, arriva all'improvviso un Orford impazzito ed il ritmo si innalza di colpo (richiami anche troppo evidenti all'altra grande suite IQ "Last human gateway" soprattutto nella parte strumentale), c'è spazio per tutto, anche per la melodia pura, la parte strumentale alla fine di "Nocturne" è roba da alta scuola prog (ancora "Last human gateway") "Frame and form" calma un po' le acque (ancora ritmi alla "Subterranea" soprattutto nell'uso delle tastiere), poi "Mortal procession" ha uno stile quasi arabeggiante (anche questo è proprio del sound IQ), poi si ritorna sui classici territori prog, la voce di Nicholls per un breve istante ci ricorda epoche Genesis Gabriel-style, poi arriva Mr Orford, sospeso tra il miglior Wakeman ed il Tony Banks di "Supper's ready" (e qui siamo in puro delirio), si arriva così a "Ghost of days", introdotta e condotta interamente da un solo di Holmes dal tono lieve ed aggraziato (ricorda molto "came down" del cd "Ever") che guida splendidamente il cantato intenso e melodico di Nicholls al degno finale. I fans degli IQ non hanno certo bisogno di leggere recensioni perché l'avranno già comprato da un pezzo, voi lo potete evitare solo se fate parte di quella nutrita schiera che vede nella "new wave of english prog" includere gente come Coldplay, Muse e Radiohead, sempre sperando che possano campare per 22 anni senza il benché minimo supporto di MTV o di giornalisti che si inchinino ad ogni loro uscita.
IQ FOR EVER PROG !
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